perìgeion

un atto di poesia

Flavio Ermini, Una lucida sottomissione

Flavio Ermini - Rilke e la natura dell'oscurità - Copertina

di Marco Furia

“Con la sua scrittura, Rainer Maria Rilke si assume il compito di posare lo sguardo sul lato umbratile dell’anima, al fine di nominarne la natura. Ciò avviene grazie a una nominazione che non pretende luce, bensì sottomissione”.
Con questa pronuncia si apre l’intenso testo poetico-filosofico di Flavio Ermini intitolato “Rilke e la natura dell’oscurità – Discorso sullo spazio intermedio che ospita i vivi e i morti”.
Il sottotitolo richiama le parole rivolte da Marina Cvetaeva allo stesso Rilke: “Poeta è chi oltrepassa (colui che deve oltrepassare) la vita”.
Poeta, afferma Ermini, è “colui che nella sua opera apre uno spazio che non è più vita né è più morte, ma una “nuova terza cosa” .
Quali sono i lineamenti propri di simile “nuova terza cosa”?
Siffatto terzo spazio, definibile, a mio avviso, anche quale spazio ulteriore, pur non essendo meramente virtuale, sfugge a ogni specificazione linguistica, poiché del linguaggio non è oggetto ma condizione.

Lungi dallo sgorgare dal nulla, l’idioma scaturisce dall’umana attitudine a comunicare per via di suoni e segni scritti: il dire, insomma è, prima di tutto, volontà di dire.
Simile propensione, che non è ancora lingua eppure lo è già, è origine spontanea che possiamo sperimentare ma non spiegare.
C’è, dunque, dell’opacità?
Sì e, secondo l’autore, dobbiamo non soltanto prenderne atto ma anche tenerne assiduamente conto.
Il linguaggio banale, ripetitivo, che spesso ci affligge con il suo tedio, è umiliante, nondimeno la sottomissione di cui parla Rilke può salvarci.
Essa, alla fine, consiste nel riconoscerci nelle nostre genuine fisionomie esistenziali, rimuovendo fraintendimenti e vieti meccanicismi, poiché
“L’essenza delle cose si coglie nel nostro dire”.
Non si tratta di rinominare, bensì di assumere un diverso (più consapevole) atteggiamento: “Ed ecco che, guarite le parole, l’incommensurabile diventa mondo, questa cosa immensa che respira”.
Siamo al cospetto di una pronuncia senza dubbio chiara: nella sua trama verbale poesia e filosofia si congiungono senza confondersi, promuovendo ulteriore conoscenza.
Non c’è, forse, contraddizione con quella “nominazione che non pretende luce” di cui si parlava all’inizio?
La risposta è no.
Nell’àmbito linguistico proposto, il concetto di conoscenza non coincide con quello comune: ciò che innegabilmente s’illumina non si rende perspicuo per mezzo di un convincente discorso, bensì per via di una prassi.
Sotto questo profilo, quella in parola, più che conoscenza in senso stretto, può essere considerata esperienza cognitiva.
Un’esperienza che Rainer Maria Rilke e il Nostro raccomandano a quegli uomini che vogliano veramente acquisire una maggiore consapevolezza della realtà: “Più di ogni altro linguaggio il linguaggio poetico è materia; nasce dalla dura consistenza della terra, con essa lotta, in essa lascia un solco”.
D’altronde, “Con la prima nascita, dunque, noi siamo un modello plasmato da mani estranee. Ma poi abbiamo una seconda nascita: quella che noi ci diamo con la scrittura, con la quale ci inoltriamo nell’oscurità del nostro essere”: la poesia, insomma, è genuina esistenza e i poeti, come sosteneva Wittgenstein, hanno qualcosa da insegnare.
Si può non essere d’accordo?

Flavio Ermini, “Rilke e la natura dell’oscurità – Discorso sullo spazio intermedio che ospita i vivi ei morti”, Edizioni Albo Versorio, Milano, 2015, pp. 41, euro 5,90

4 commenti su “Flavio Ermini, Una lucida sottomissione

  1. angela palmitesta
    14/05/2015

    C’è una procedura culinaria che mi inquieta e contemporaneamente mi affascina quando osservo chi, con abilità,la pratica: il disossamento ( di un pollo, di un coniglio, di un maialino e quant’altro, non ha importanza ).
    Scrivere è disossare, togliere, lasciare inanimata sulla battilarda una forma in origine intera e che tutti esperiamo quotidianamente : il linguaggio. Poi scrivere è ricomporre con pazienza la carne, ricucirla. Si offre alla coscienza una forma che non è più un linguaggio naturale, poiché è un linguaggio disossato e ricomposto con punti di sutura. Scrivendo si cerca di ricucire e farcire a dovere la carne sventrata, ma quanto più alto è il desiderio di comunicare, tanto più cresce la voglia di diventare tutt’uno con quella carne . Scrivere è un aggiustamento senza sosta,una nostalgia di perfettibilità. Scrivere è come cantare in silenzio davanti allo specchio, mentre l’alito caldo appanna l’immagine che intravediamo dentro la cornice.
    Bene. Sono andato fuori tema ma questo proposto oggi è un libro da mettere in valigia. Buona giornata.

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  2. fiammetta giugni
    14/05/2015

    Anch’io spero di poterlo acquistare presto. Questo libro “illumina”, nella sua ombra!, il poeta che amo più di tutti. Grazie per la segnalazione

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  3. marco ercolani
    14/05/2015

    Molto bello il libro di Flavio. Invita il lettore a entrare con coraggio nel regno dei non nati e dei non morti, come direbbe Klee. E illuminante Marco, nella sua ariosa semplicità di lettore.

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  4. annamaria ferramosca
    17/05/2015

    “Ne’ vita ne’ morte, ma una nuova terza cosa “. La dimensione della scrittura come misteriosa condizione del dire, che pure anticipa la parola e si apre a vie infinite, prodigiosi percorsi in luce di bellezza e di etica. Tutto questo indagato sui fogli dell’ amato Rilke da Flavio Ermini. Ho gia’ prenotato on line il libro, con ansia ne attendo la consegna.Ringrazio Marco per la sua
    adesione limpida.
    Annamaria Ferramosca

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Questa voce è stata pubblicata il 14/05/2015 da in ospiti, recensioni, scritture con tag , , .