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un atto di poesia

La fine del mondo, Intervista a Simona Norato

simona norato

di Francesco Tomada

Nel mare delle uscite discografiche recenti, “La fine del mondo” di Simona Norato (Dischi della Fionda) ha molti motivi per emergere. Eccone alcuni.

Il primo è che si tratta, semplicemente, di un bellissimo lavoro: anticonvenzionale, oscillante fra tradizione e innovazione, ricchissimo di spunti personali che denotano come Simona Norato, per quanto “La fine del mondo” sia il suo esordio solista, abbia alle spalle numerose esperienze di valore. Fra le numerose recensioni, vi segnalo questa e questa.

Il secondo è che, fra le scelte indubbiamente coraggiose di Simona Norato, c’è anche quella di abbandonare il carrozzone della SIAE, da cui le canzoni non sono tutelate.

Il terzo (conseguente) è che sul sito di Simona Norato, alla sezione downloads, è possibile scaricare “La fine del mondo” pagandolo quanto si ritiene giusto. Per quanto le recensioni possano aiutare ad addentrarsi nel lavoro di un’artista, il modo migliore per farlo (e per sostenere il coraggio delle sue scelte) è certamente quello di ascoltare. All’interno del sito, inoltre, si possono trovare numerose informazioni, approfondimenti e immagini dell’artista siciliana.

Abbiamo avuto la possibilità di contattare Simona e di farle alcune domande, a cui ha risposto con grande gentilezza e, come potete leggere, con altrettanta schiettezza. Di questo la ringraziamo, e segnaliamo che a breve sarà in giro per una serie di concerti; se passa dalle vostre parti, è un evento consigliatissimo:

VENERDÌ 29 MAGGIO @ AUDITORIUM RADIO POPOLARE di Milano
SABATO 30 MAGGIO @ LILITH FEST di Genova
MARTEDÌ 2 GIUGNO @ ROCK REPUBLIC FEST di Linguaglossa (CT)
DOMENICA 21 GIUGNO @ MUSEO DEI PUPI SICILIANI di Randazzo (CT)

Ecco, adesso lasciamo la parola a Simona.

***

Partiamo da lontano, perché è vero che “La fine del mondo” è il tuo esordio solista, ma in realtà tu frequenti la musica da molto più tempo: sul tuo sito c’è una biografia – o meglio una storia – molto interessante. Allora vorrei chiederti per prima cosa come mai, dopo quindici anni di frequentazioni anche importanti, hai sentito il bisogno di un lavoro a tuo nome.

Ciao caro, intanto grazie per avermi ascoltata. Grazie per queste domande diverse dal solito protocollo da scrivani sottopagati e riluttanti.

Esordire da solista non era nei miei piani. La contingente esplosione del progetto Iotatola ha determinato la scelta. Perché io scrivo sempre, scrivo continuamente… Quando sto benissimo e quando striscio per la delusione. Ho scritto tantissimo dopo aver stracciato quel contratto… il risultato era un film troppo sincero per non condividerlo.

Ho trascorso anni a suonare in seconda linea con la testa china sui tasti (timida per costituzione)… Ora sono una donna con lo sguardo sempre alto, la ragazzina assuefatta dall’ombra di un altro è andata via.

Credo, immagino, che di tutte le persone che hai frequentato tu abbia trattenuto qualcosa, o imparato da loro. Ma ti chiedo, se puoi, di concentrarti in questo senso su due di loro: Antonio Di Martino e Cesare Basile. Quanto sono stati e sono importanti per te, e quanto e come tu sei stata importante per loro?

Quanto e come io sia stata importante per loro DEVI chiederlo ai maestri. Anzi, promettimi che lo farai.

Lord Dimartino ha svecchiato la mia scrittura. Quando abbiamo iniziato a collaborare, il suo modo di scrivere e di cantare era istintivo e unico. Più che progettare l’opera lui la vomitava: questo mi ha cambiata, l’ho amato subito.

Antonio mi ha introdotto nell’élite maschile degli autori e dei musicisti più fortunati dell’isola. Mi ha dato un passe-partout per le stanze della nobiltà che scrive. Grazie a lui ho visitato questi castelli esclusivi in cui adesso non entrerei nemmeno sotto tortura.

E poi c’è Basile.

A pochi capita, nella vita, la fortuna di incontrare una guida che, prima di scriverla, vive un’esistenza lucida. A me, quella fortuna, è stata concessa.

Senza Basile non avrei raccolto tutta la forza necessaria per tirarmi fuori dal sistema mangia-uomo.

Essere minuscoli per non farsi decapitare, negare ogni potere, smettere di sgomitare per le libertà concesse, smettere di lavorare…di farsi rubare la vita.

Tutto questo vale per il sistema del music biz che, specie in Italia, da i brividi… E vale per l’esistenza tutta. Via dalle strutture capovolte.

Prima di addentrarci in “La fine del mondo” una curiosità: da quello che scrivi e racconti dai l’idea di una persona che sa essere molto altruista – che sa anche modellarsi sulle necessità degli altri – ma al tempo stesso “gentilmente integralista” nelle proprie scelte, a partire dall’inizio, dalla professione di medico abbandonata in favore di una scelta di vita completamente differente (un po’ come quando canti: “Rifaccio il letto e poi dormo per sempre in cantina”). E’ vero?

Verissimo. La tua comprensione mi rende felice.

Credo di essere nata per la cura e per la negazione dei sistemi di sottomissione della collettività. Ogni volta che vedo un popolo imbambolato e prostrato dentro di me scatta un allarme, passo a Defcon 3.

Amo profondamente la medicina ma, anche i modelli dei sistemi sanitari occidentali, mi hanno sputato fuori come un osso. Non li capisco, sono ciechi e corrotti. L’uomo non è più al centro della cura, la musica non è più il centro del suo commercio.

Per fortuna ho scoperto la medicina tradizionale cinese che meglio incarna la mia visione del sintomo come una richiesta di aiuto psichico. Sto per diventare agopuntore e in futuro vorrò esercitare questa meraviglia filosofica asservendo l’uso dell’ago alla persona, non alla malattia.

Amo la musica, da quando ero nana, ma amo anche i giorni normali… La vita sognata mi stava corrompendo, la vita reale invece mi chiamava. Ora suono solo quando dico io e per chi dico io.

Sono anarchica sin dall’infanzia… Sin da quando volevo raggiungere a piedi Palermo, partendo da Sciacca, per incontrare mia madre ricoverata da tre mesi. Avevo due anni.

Togli la maschera prima di entrare oppure non ti lamentare, io non ti faccio salire” canti in Un familiare, che rappresenta uno dei testi migliori dell’album, secondo me. E’ questo che chiedi a chi si avvicina al tuo lavoro?

È questo che chiedo a tutti. Pure a te.

Preferisco un sincero e fierissimo stronzo a un subdolo demone travestito da colombina. Ne ho incontrati tanti, donne e uomini travestiti. Li ho dovuti decapitare proprio come prevede il mio biotipo cinese, il polmone. Sono il metallo che taglia il grano in eccesso, taglia le teste dei condannati. Se calpesti il rispetto davanti a me, io sono tuo nemico.

Nel disco la canzone successiva è “Scimmia”, un pezzo bellissimo, forse il più orecchiabile dell’album pur senza rinunciare dal punto di vista musicale ad una costruzione imprevedibile e varia, con una base quasi anni ’80 e insieme un pattern molto mediterraneo di chitarra (ti direi molto basiliano, dunque di sicuro è tutto tuo… fra l’altro Basile è stato un produttore decisamente poco invadente e molto rispettoso). Più in generale tutto il disco mette in campo accostamenti e costruzioni decisamente originali. Allora ti chiedo come scrivi e poi come costruisci i pezzi, come li vesti, e dal tuo punto di vista dove finisce l’originalità “utile e necessaria” e dove inizia quella invece “di facciata, di convenienza”. Te lo chiedo anche perché l’idea che traspare dalla tua musica è di una fusione personalissima tra una mediterranea sicilianità e un insieme di suoni di estrazione molto differente, quasi art-rock.

La chitarra a cui fai riferimento l’ha registrata Cesare. La amo.

Io scrivo quando mi scappa da urlare qualcosa. Scrivo partendo dalle parole che voglio scolpire per sempre nel mio albo dei punti fermi. Più di rado sono le parole ad asservirsi alla musica. Il testo, il concetto che mi frulla, comanda sulle atmosfere e sull’armonia. Non cerco originalità nè facciate, l’ho fatto in passato ma non ne ho più bisogno. Quando cambiano gli obbiettivi cambiano anche i modi. Non ho padroni a cui rendicontare a fine mese e non ho un target strategico da analizzare. Il tentativo vero che ho fatto in questo disco è la Sincerità. Da questo sforzo proviene l’originalità, l’unicità.

Un altro dei testi che mi ha colpito è quello di Vertigine blu, “vuoi mettere la bellezza del viaggio / … / salire in cima al K2 e non vedere niente”: sembra che questo sia il tuo approccio verso la scrittura, pensare al viaggio senza preoccuparti a priori di come diventerà musica, lasciare che la musica sia una conseguenza e non il fine della scrittura.

I signorotti della musica pseudo indipendente ci hanno fatto credere, come i politici, che bisogna sgomitare, bisogna essere qualcuno, bisogna conquistare la poltroncina su Rockit. Vedo colleghi, non più giovincelli, che smaniano per avere una lunga lista di date.. come una misurazione del pene. Colleghi frustrati perché non hanno mai imparato a suonare uno strumento e si vergognano del loro grande Play sul palco. Colleghi che ancora giocano a chi suona più forte.

A me questo non piace, non mi interessa.

Io decido in autonomia se trascorrere dieci giorni in campagna, davanti al camino, con una troupe di amici che scrive e ragiona sulla produzione del mio videoclip.

E la vittoria sta in quei dieci giorni, la vittoria è davanti a quel camino. Lasciamo le manie conta click ai poveretti.

Una domanda scontata, ma te la pongo lo stesso perché la risposta merita di essere diffusa: “La fine del mondo” non è tutelato dalla SIAE ma l’utilizzo delle canzoni deve essere concordato con l’autrice, così come la vendita online è ad offerta libera. Ce ne puoi spiegare le motivazioni?

Visto che trovi scontata la tua domanda, piacerebbe a me chiederti ‘dieci buoni motivi per mollare la Siae’!

Il motivo sta nelle regole, decise da una commissione interna fatta da poche e potenti teste. Nonostante io sia ormai un autore NON ASSOCIATO, ho dovuto acquistare i bollini Siae, la stamperia non mi avrebbe spedito i dischi senza la ricevuta di avvenuto acquisto dei bollini… Tu come definiresti questa coercizione?

Il motivo sta nello sciacallaggio che fanno nei confronti dei teatri occupati, senza capirne il valore, additati di frode da chi è stato sorpreso con le manine nella marmellata.

Tutto in Italia è gestito dalla Siae, la sensazione è quasi che non ci si possa sottrarre. Insomma, è un calamaro troppo grosso per non provare a boicottarlo o a sondare modelli alternativi (che tra l’altro esistono già e funzionano bene).

Immagino che alcune tue scelte ti abbiano impedito di ricevere maggiore visibilità, così come la scelta – che mi pare ti appartenga – di non sfruttare le molte conoscenze importanti a fini personali. Un artista però vive anche della diffusione del proprio lavoro, sia perché un certo riconoscimento è necessario e umano, sia perché fornisce occasione di confronto e crescita. Come è stato accolto “La fine del mondo”, che cosa ne hai ricavato a livello personale?

E qui ritorna la teoria dei Lillipuziani… Io voglio restare piccola, piccolissima. Voglio essere cercata e trovata da chi mi somiglia. Io esisto e sono fruibile a costo zero. Chi lo dice che ho bisogno di masse e di lodi? Per fortuna è finito quel tempo insicuro.

Finché mi chiameranno per fare concerti, finché mi ringrazieranno per la vendita della mia carne io esisto e salvo la giornata di uno come di un milione, nessuna differenza.

La stampa ha amato il mio disco, resterò in un albo d’oro che sopravviverà più di me. Sono sicura.

Questo disco mi ha fatto risorgere, più sincera e molto più libera di prima.

Se non sbaglio tu sei palermitana di origine, ma immagino in qualche modo catanese di adozione; io ti scrivo dal Nordest, dunque non vivo la scena siciliana. L’idea però è di un fermento straordinario, di una combinazione di talenti nei quali adesso emergi anche tu, che ne facevi già parte ma in modo forse più nascosto. Come mai? Sono forse le contraddizioni di questa terra che hanno il potere di dare urgenza alla sua voce? Così come ti chiedo in modo più specifico se c’è un parallelo fra la Catania degli anni ’90 (che forse hai vissuto o conosciuto) e quella attuale, o una continuità, un passaggio di testimone.

Sicuramente, sull’isola, siamo abituati a lottare per tutto. Pure per attraversare sulle strisce pedonali. Questo ha permesso alla mia generazione di rendere la nostra arte un lavoro. I miei coetanei, attori registi pittori o musicisti, sono riusciti pure a procreare e i loro figli guarderanno papà e mamma che scrivono, studiano la poesia e fanno le prove. Vittoria.

Catania, Palermo… Qui c’è un paradiso creativo.

Ricordo la meraviglia con cui guardavo l’underground Catanese negli anni 90. Ora ci vado per vedere Basile, per respirare l’aria salvifica del Teatro Coppola. Palermo è sbocciata negli anni zero e, nonostante l’alta quota di individualismo, ha creato una scuola cantautorale che fa invidia alle cattedrali del nord.

Un’ultima cosa. Perigeion è un sito che si occupa molto di scrittura, e ascoltando i tuoi testi presumo che tu abbia riferimenti importanti anche in questo senso. Ce ne puoi rivelare qualcuno, a quali scrittori sei legata e perché?

Non posso indicarti dei modelli letterari, non ne ho. Leggo poco. Ascolto poco, in modo intensivo e non più estensivo. Forse la mia diversità viene proprio da questa astinenza. Guardo molti film, scrivo canzoni col piglio di un cineasta che ha visualizzato un colossal.

Sono una donna di scienza più che di letteratura. Sono pigra ma vergine.

***

Oltre a Simona Norato, ringraziamo Marco Salanitri per la sua disponibilità e per aver reso possibile questa intervista. Il resoconto di un’altra chiacchierata fra Marco e Simona, che tocca una grande varietà di temi, può essere trovato qui.

4 commenti su “La fine del mondo, Intervista a Simona Norato

  1. almerighi
    26/05/2015

    direi che abbiamo finalmente una musicista che pensa alla sua libertà e alla sua musica, Dio la conservi

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  2. ninoiacovella
    05/06/2015

    Artista di grande talento e classe.

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  3. almerighi
    15/06/2015

    interessante e positivissima recensione su ondarock al disco di Simona Norato,
    qui

    http://www.ondarock.it/recensioni/2015_simonanorato_lafinedelmondo.htm

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  4. Giorgio Galli
    18/11/2015

    L’ha ribloggato su La lanterna del pescatoree ha commentato:
    “La vita sognata mi stava corrompendo, la vita reale invece mi chiamava.”

    “Io voglio restare piccola, piccolissima. Voglio essere cercata e trovata da chi mi somiglia. […] Chi lo dice che ho bisogno di masse e di lodi?”

    “Non posso indicarti dei modelli letterari, non ne ho. Leggo poco. Ascolto poco […] Sono una donna di scienza più che di letteratura. Sono pigra ma vergine.”

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Questa voce è stata pubblicata il 24/05/2015 da in interviste, musica, ospiti con tag , , , .