di Francesco Tomada
Quanto è differente l’immagine pubblica di Alessandro Canzian da quella privata. La prima è quella di deus ex machina di Samuele Editore, giovane ma intraprendente casa editrice, di organizzatore di eventi e centro di aggregazione di iniziative indipendenti, come dimostra la lodevole iniziativa di riunire in un unico bookstore i cataloghi di quattro case come Samuele Editore, Qudulibri, Kolibris Edizioni e Pietre Vive Editore. La seconda è quella di un poeta che invece si tiene spesso dietro le quinte come per un senso di pudore, e che nella sua scrittura dà voce ad un privato schivo e personale.
In quest’ambito emerge forse la personalità più immediata di Alessandro Canzian, fatta di una schiettezza anche crudele che non teme di affrontare alcuni dei temi più spinosi e pericolosi della poesia, e cioè l’amore o meglio la fine di un amore. Ma i brani tratti da Aftermath (sezione che fa parte di un lavoro più ampio) sfuggono sia dal già-detto sia dal crepuscolarismo, utilizzano un linguaggio piano e consapevole per raccontare la solitudine, e riescono nell’intento proprio perché non c’è nessun intento, ma soltanto la nudità di un uomo che sa cosa significa portare un macello dentro al cuore.
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AFTERMATH
Improvviso una risposta: la lunghezza delle cosce e l’immagine metaforica del
cammino, lungo e affascinante.
Milan Kundera
Al supermercato un lunedì mattina
Un addio può non essere una lettera,
un messaggio siglato – nemmeno il
tempo del nome, per intero –,
una foto fra i libri a rinnegare
la dolcezza d’una gita. E nemmeno
ha senso dirti il bene
che mi resta, l’orrore dei gesti
che mi mancano, il buio dei capelli.
Non ha senso dirti che non trovo
lo zucchero in un supermercato
dove anche la cassiera «Signora
non sono riuscito a trattenerla
come non riesco a trovare lo scaffale,
mi aiuti, per favore» ma nessun
uomo può aiutare un altro uomo.
È un lunedì mattina con la tua
– la nostra, l’unica insieme – foto
in mano, al Carlet di Pordenone, senza
sapere cos’è il bene, o dove devo andare.
Aftermath
Ho una voce di vuoto in gola.
Una chiarezza buia, uno spazio.
Ho una pozzanghera nel cuore
dove tu più non ci cammini
– con le tue caviglie
snelle come grandine –
Ho una stagione arrugginita
negli occhi, in attesa di cosa.
Anche un rumore di finestre
sbattute può essere parola.
Il rumore di una donna in filigrana.
Anche i panni stesi e gli abbracci
da lasciare ad asciugare
fanno un camminare nella sera
che ne ricuce il senso, se c’è.
Siamo tutti colpe, sai, quando
annotta e i libri non bastano,
nemmeno i corpi, le mani
che toccano senza aversi,
quando il letto è un divano e
fuori non è il mondo, non è
il sesso delle case dai colori
smorti, che non ti piacciono.
Scrivere non basta a esorcizzare
le paure, nemmeno le colpe.
Guido dice che dopo una bella
poesia c’è meno dolore, da dire.
Che la fame delle braccia è in
fondo simile agli abbracci.
Ma la gola brucia a parlare
come un macello dentro al cuore.
Questa vita è una via Mamaluch
dove fin da bambino passavo
per fare la spesa alla Standa.
È il suo muro lungo e chiaro
fatto di lucertole e telecamere
che nemmeno so se accese.
Ci passo anche oggi, senza te.
Il miracolo può non essere
solo Dio, ma anche tu, i tuoi
tacchi sulla strada, può essere
il bimbo che uccide il ramarro
o la zanzara – per una paura
esagerata della vita –, può essere
la paura stessa, il nostro farci
del male anche per amore.
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Alessandro Canzian (1977), vive e lavora a Maniago (Pordenone). Ha collaborato e collabora saltuariamente con varie riviste e blog (Progetto Babele, Whipart, Books and other sorrows di Francesca Mazzuccato, Blog di Poesia di RaiNews di Luigia Sorrentino). Nell’ottobre 2008 ha fondato la Samuele Editore (dal nome di suo figlio), che ad oggi ha pubblicato volumi premiati (Premio Gatto, Premio Camaiore, Premio Città di Forlì), prefazioni eccellenti (Squarotti, Cucchi, Pecora, Rondoni, Vecchioni), ha pubblicato poesie di Franco Buffoni, Maria Grazia Calandrone, Isabella Vincentini e altri, e ha svolto fiere e presentazioni nelle maggiori città italiane (Roma, Milano, Torino, Pordenone, Udine, Napoli, Fiera del Libro di Torino, Pordenonelegge, Casa della Poesia di Milano) con partecipazioni di Maurizio Cucchi, Marina Giovannelli, Silvio Ramat, e altri. Come autore ha pubblicato Christabel (Ed. Del Leone, Spinea 2001, quarta di copertina di Paolo Ruffilli), La sera, la serra (Mazzoli 2004, prefazione di Tita Paternostro), Canzoniere inutile (Samuele Ed., Fanna 2010, prefazione di Elio Pecora, di cui un testo su “Tuttolibri” nel 2007 con critica di Maurizio Cucchi), Cronaca d’una solitudine (Samuele Ed. 2011, quaderno bifronte con Federico Rossignoli), Luceafarul (Samuele Editore 2012, prefazione di Sonia Gentili) e il saggio su Claudia Ruggeri: Oppure mi sarei fatta altissima (Terra d’ulivi 2007, presentato a Lecce con Michelangelo Zizzi). Con la stessa editrice e nello stesso anno del saggio ha pubblicato Distanze, una collaborazione fotopoetica con Elio Scarciglia.
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L’ha ribloggato su Alessandro Canzian.
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Minimalismo e diarismo, il che non è detto sia sempre un male. Canzian riesce dove molti altri naufragano, la sua poetica riesce a “trapassare” il codice dei “fatti suoi” diventando realmente voce d’occhi, potente, integra per arrivare al lettore più remoto. Bravo Canzian, questo non è da tutti!
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“qualcuno” ha scritto che la poesia d’amore e quella religiosa sono tra le più difficili da stilare, una conferma di queste parole la ritrovo in Canzian, e nella bella prefazione di Tomada.
in particolare ho apprezzato questi:
“Ho una voce di vuoto in gola.
Una chiarezza buia, uno spazio.
Ho una pozzanghera nel cuore
dove tu più non ci cammini
– con le tue caviglie
snelle come grandine –
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Grazie mille dei commenti e della nota di Francesco
Alessandro Canzian
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