di Luca Buonaguidi
India – complice il silenzio è la testimonianza di un’esperienza, come la chiamava Moravia, “l’esperienza dell’India”. Come ogni libro di poesia, ma qui più che nei miei volumi che lo hanno preceduto, questo libro è una testimonianza spirituale e così mi è caro introdurvelo brevemente. Quello che leggerete nelle pagine che seguono è un diario di viaggio in versi, un viaggio di cinque mesi che ho compiuto da solo e via terra nel 2013 attraverso Sri Lanka, India, Bhutan, Nepal, Tibet e Kashmir. Nicolas Bouvier ha scritto: “Se non si lascia al viaggio il diritto di distruggerci un po’ tanto vale restare a casa”. È così che questa esperienza ha profondamente rinnovato la mia persona e non secondariamente la mia poetica: il sottotitolo – Complice il silenzio – allude a una voce poetica fievole, dimessa e impermanente come l’India che osserva, immersa nel fascino eterno di culture abitate dal primordiale, cui ho posto il mio verso a cassa di consonanza di senso e, appunto, silenzio: ora un silenzio affine a ciò che San Giovanni della Croce descrive come “distacco interno da tutte le cose”, ora un risveglio “da questo sogno di separatezza” cui alludono le Upaniṣad. Al culmine della mia esperienza dell’India scrissi: “Mi sento a casa/ e mi sento appena/ trovo pace in quest’assenza”. Oggi spero invero che questa mia voce minore vi giunga, costituisca presenza, non di me stesso ma di un invito indefinito a voi rivolto, perché queste poesie hanno voluto essere così: hanno preferito servire di più che essere più belle, hanno preferito essere strumento più che agente.
*
Al vento non chiedere,
nel vento disperdi
il tuo nome.
Al vento non chiedere
il vento del corpo
è ragione.
Al vento non chiedere
del vento consacra
ogni passo comune.
*
Il Sé pare si muova, ma è sempre fermo
Ῑṣa Upaniṣad
Il tempio sfuma
in chiaro d’ombra
e soffia la mia quiete.
Nutro la benedizione
depongo la ricerca
felino nel tramonto
a cui manca il dente
che afferra, mastica.
Salgo poi su un treno
in corsa.
Siedo.
Qui
inizia la risposta.
Tanjavur
26/02/2013
*
Seduto al tavolo di un caffè
aspetto che la poesia
entri dalla porta principale
come una Dea Bianca
che incauti si fissa apertamente
e che raramente ricambia.
Ma a sorpresa si avvicina
sfiorandomi la spalla
per il tempo d’un bicchiere,
prima d’andare dritti al sodo
facendomi tornare uomo da fantasma
e riempiendo questa carta
di visioni per poi uscire
furtiva, dal retro
lasciando entrambe le porte
aperte e il conto da pagare,
voltandosi un ultimo istante
nel profilo che già sfuma, saluta.
“Ci rivedremo
ancora,
altrove.”
17/03/2013
Mumbai
*
Screpolata la carta
e consumato il rinnovo
d’alba verde nell’altrove,
rimosse le unghie
affondate e riemerse
in questo porto di carne,
parto dall’esserne parte
ma senza porte
pronte ad aprirsi.
Solo le ombre gettate
dalle pareti erette
e un uscio restante
che cigola ospite della casa
che prima apre, ora chiude
e si fa alone
di tutto ciò che è distante
il vino, le rose, le parole parlate
di quella carne che nutrivo
prima di riscoprirmi fantasma
entro salvifiche macerie
o spettri d’inchiostro
che versato cade,
che ho versato troppo
e ora mi crolla addosso
con tutte le parole.
20/03/2013
Ellora
*
Siedo nella stessa stanza
ho smesso di contare i giorni
sono ora questi sequenze senza nome
che un guardiano lascia entrare
da una porta del sentire
che muta l’identità dell’occhio
da osservatore a prima visione.
Ascolto la corrente del fiume
che cinge i remi del divenire
e con gli occhi della mente attendo
un canto devozionale che mi dia forma,
un’invocazione dolente che mi sia approdo
o pur solo ancora che liberi il peso
nell’etere che accoglie il tuono.
Varanasi
13/04/2013
*
Poesia è guardarsi da vicino
entro ciò che muove distante
ma anche questo bambino che ride
nel tramonto indiano.
Kolkata
30/04/2013
*
Ho aspettato l’arrivo della poesia
ma questa mi ha disertato,
ho parlato di Dio con un passeggero
ma non l’abbiamo invitato abbastanza,
ho pensato alla strada già percorsa
ma mi sono commosso
per quella ancora da fare,
ho dormito in mezzo agli scarafaggi
ma il tuo pensiero è farfalla
che mi vola in fronte
benedicendo ogni pensiero ulteriore
quando ho paura di voler tornare
nel treno che corre e vorrei fermare.
In un attimo poi è arrivata la poesia,
Dio ha preso posto vicino
e il treno si è fermato.
Ancora, divento cammino di ogni sogno, paura, sospiro.
Kolkata – Jalpalguri
01/05/2012
*
Anch’io ho appuntamento con un albero.
Nicolas Bouvier
Vedo l’albero del risveglio.
in una valle verde, azzurra e chiara.
Un cane nero gli gira intorno.
La mia pace rotta nel germoglio
cerca il seme del giardino intatto.
Non lo trova. Ma complice il silenzio
carezzo il cane e canto al vento.
Nubra Valley
10/06/2013
*
Raccolgo
nel palmo della mano
quello che la strada
mi ha dato.
Mi sento come una canzone
giunta dopo indicibili arpeggi
al climax finale,
sento il profumo
di tutte le cose.
Del ritorno so quanto
della fine di una poesia.
Giungo a un’alba
matura, attendo il fiorire
instancabile del mattino.
Sono essente
con struggimento,
mi è stato offerto
il dono del canto.
Tutto adesso
è dolore e dolcezza.
Delhi
24/06/2013
*
Nel ritorno
accorro non desto,
fanghiglia nel segno intatto.
Completo
d’una incompletezza
che accoglie la mia assenza.
Al mattino
il mio giardino
è un prodigio di fiori.
Questa scelta deriva dal libro India – complice il silenzio edito da Italic, Ancona nel 2015 con una Lettera a Luca di Giulia Niccolai.
A. D.