Gli uomini esistono
di Marco Furia
Di fronte all’articolato snodarsi dei “Destini minori” descritti con analitica sobrietà da Marco Ercolani, viene da porsi una domanda scontata eppure sempre valida: qual è il confine tra sanità mentale e follia?
L’autore, che, assieme a Lucetta Frisa, già con “Anime strane” (raccolta di lucide, enigmatiche frasi pronunciate da individui con problemi psichici) ci aveva chiamato a riflettere su tale questione, ritorna sull’argomento, narrando, questa volta, brevi storie di vite non ordinarie, spesso atroci.
Incontriamo, così, Raul Pirès che lanciò fuori dal finestrino del treno l’intero suo lavoro di editore (“tre libri indispensabili e perfetti”), Pavel Dubek che usava penne dalla punta sottilissima per scrivere frasi “così minute e perfette, carattere per carattere, da essere indecifrabili”, Andrea Serventi, considerato fin dalla nascita dalla propria madre una “sciagura”, Manuel Soares che detestava “il suono del suo nome”, nonché vicende terribili di vittime della crudeltà nazista, della violenza bellica, d’inumani trattamenti carcerari, di condanne a morte: le circostanze sono le più disparate e ciò che le unisce è la tenace volontà di raccontarle.
Il tono è descrittivo, ma non freddo: l’autore chiede attenzione e rispetto.
Rispetto per quei “Destini minori” non distanti anni luce da noi cosiddetti normali, anzi vicini e non soltanto dal punto di vista meramente fisico.
Sollecitato dalle parole di Anton Whistler (“Se l’uomo non fosse esistito…”), qualcuno potrebbe pericolosamente chiedersi: se l’uomo, pur esistendo, non avesse elaborato l’attuale concetto di sé? Se gli individui di cui parla il Nostro non fossero da considerarsi uomini a pieno titolo?
Un certo tipo di risposte a siffatti quesiti condurrebbe diritto verso le tenebre del razzismo.
È la vita a salvarci.
L’impasto dell’esistere crea e definisce la persona umana: potremmo immaginare e riscontrare mille differenze, ma non potremmo negare a un nostro simile la qualità di essere tale.
Non il ragionamento ci salva, ma la presa d’atto del nostro vivere nella sua evidenza.
Ercolani intende mostrare proprio questo imprescindibile dato.
Alieno da qualsiasi enfasi, estrae dal divenire alcune storie e il suo stile, lungi dal proporre teorie o ideologie, è volto a offrire al lettore una sorta di non ordinaria raccolta d’immagini scritte.
Ci accorgiamo, così, di come l’essere uomini sia circostanza di fatto indicibile e di come la sua migliore specificazione sia quella derivante da un attento, partecipe racconto.
Spesso, il vano tentativo di spiegare ciò che siamo ostacola la narrazione di noi stessi, il vivido tratteggio del nostro stare al mondo.
Sotto questo profilo, “Destini minori” è una raccolta di brevi prose dalla saggia valenza metodologica.
L’autore, insomma, ci invita (e ci insegna) a meglio guardare, ossia a meglio fondere vista e pensiero, impressione retinica e coscienza.
Il suo è un atteggiamento coinvolgente: ci sentiamo impegnati, ora, a considerare con maggiore attenzione quei “Destini minori” che, ce ne rendiamo conto, non sono minori ma semplicemente destini ai quali, in ogni modo, non siamo estranei.
Una differenza non è una frontiera invalicabile ma un invito a un possibile dialogo (prima ancora che a un’eventuale cura)?
Per Marco, psichiatra e scrittore, senza dubbio, sì.
Marco Ercolani, Destini minori, Il Canneto Editore, Genova, 2016, pp.145, euro 10,00
L’immagine d’apertura è una pagina dei taccuini in preparazione del Passagenwerk di Walter Benjamin.
Segnalo i seguenti “link”, davvero illuminanti:
https://gcgalli.wordpress.com/2016/07/16/i-destini-minori-di-marco-ercolani/
e
https://gcgalli.wordpress.com/2016/07/16/marco-ercolani-preferisco-sparire/
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Vedo ora e ringrazio. E’ un libro che mi ha centrato in pieno e mi attraversa.
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Ringrazio Marco, per la sua nota di lettura sempre puntuale e luminosa, e Antonio per la segnalazione dei commenti di Giorgio Galli. Mi sento onorato dalla vostra attenzione, che mi stimola a pensare la mia scrittura ancora come work in progress. Credo che scrivere molti libri sia il segno che si sta cercando un libro ancora migliore.
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