perìgeion

un atto di poesia

“Totem”, di Fabia Ghenzovich

Con questo articolo comincia una nuova serie che ho pensato di chiamare 3 × 100, tre poesie per cento parole di commento a ciascuna, o tre percento – una misura del mio contributo a Perígeion. (G.C.)


di Guido Cupani

perigeion-001

Lui sta a guardare con abulica codardia
e sembra dire – capita a loro, io che c’entro?
esattamente come accanto ai lager
si visse la routine del giorno
una vittima? No, è solo l’odore
di carne bruciata ad appesantire l’aria
o come alcuni animali indifferenti
e variamente affaccendati gironzolano
attorno alla bestia mentre divora il proprio simile.
Né il lampo di terrore che dilata la pupilla li tocca
né li scuote l’istinto di tanto in tanto
allungando il collo verso la scena
dello smembramento per curiosità
o forse per compiacimento d’esser vivi
non si chiedono se quella anche per loro
potrà essere l’ultima volta.

Totem di Fabia Ghenzovich (Puntoacapo 2015) ragiona sul dualismo uomo-natura e non risolve l’eterna questione se l’essere umano sia parte della natura – animale fra gli animali – o se si ponga , con la responsabilità e la colpa che tale superiorità comporta. Ma totem è anche l’antenato mitico, lo spirito protettivo, che più apertamente nello sviluppo dell’opera si identifica con Loba, la lupa: archetipo della ferinità e dell’occulto, in cui il conflitto tra le due visioni sembra ricomporsi, se non proprio sanarsi. Ghenzovich , ovviamente, non è interessata all’analisi ma alla suggestione.

Mi tira la gonna mi tenta
scuote piano i capelli
più forte il richiamo confonde
sovverte si allarga e spalanca
la gioia inattesa che sale
più densa più ardita pervade
e ritorna più viva
alla parte di me infinita
di me plurale indivisa.

Dal punto di vista formale il motivo di maggior interesse in queste poesie è l’uso libero della sintassi, che senza scardinare il verso cerca di riprodurre il ritmo del pensiero, evitando quasi sempre le virgole (se non negli inserti di dialogo) e lasciando i sintagmi nominali a pendere dai verbi in un ambiguità di ruolo (“la gioia inattesa” è soggetto o oggetto?). La schematizzazione non rende però giustizia all’effetto, che ha la bellezza delle cose spontanee. L’attenzione del lettore non è sospinta alla chiusa, ma rimane fluttuante; il testo potrebbe volentieri ricominciare da dove si è concluso.

Il biglietto di ritorno l’ho comperato.
Evelina è stata l’ultima. Povera Evelina
malata di Alzheimer. Chiamava papà il figlio
e non sapeva quasi più parlare. Lei era la più buona
la più gentile e sorridente finché ha potuto.
Ora torno al mio paese con la valigia e poche cose.
Lì troverò la mia comunità. Tutti intorno li avrò
perché così è da noi. Così è sempre stato.
Troverò la verdura saporita
la frutta più buona la carne più gustosa.
Qui non sono stata male
mi hanno trattata bene per fortuna
ma il gusto delle cose qui no
io non l’ho trovato mai.

Nell’ultima sezione il ritmo cambia. Aumentano i punti fermi. I testi si dilatano. La lingua parlata entra prepotentemente nei versi, ora indebolendo appena la tensione (ad esempio nell’episodio di Gastone, l’anziano innamorato della propria badante, che pure è dolce e schietto), ora fondendosi con il dettato poetico in un indiretto libero di grande efficacia. Emerge il tema della malattia e della distanza-vicinanza tra chi soffre e chi accudisce. L’unitarietà del totem si spalanca in una pluralità di simboli, il che fa ben sperare in una continuazione: Ghenzovich non scioglie l’enigma. Ci aspetta al varco.

4 commenti su ““Totem”, di Fabia Ghenzovich

  1. vengodalmare
    10/10/2016

    Mi piace l’idea di presentare in questo modo un autore; lievi e suggestive le tre poesie scelte. Grazie.

    Piace a 2 people

  2. Fabia Ghenzovich
    10/10/2016

    Grazie Guido per la scelta dei testi, e per la recensione che sento profondamente affine e aderente al fluire del mio pensiero e dei miei versi.

    Piace a 1 persona

  3. ninoiacovella
    10/10/2016

    Una formula ben progettata e riuscitissima.
    In termini economici spiccherebbero termini quali: economicità ed efficienza. La poesia di Benghovich al 3% è davvero bella.
    Bravi ad entrambi.
    Nino

    Piace a 1 persona

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Questa voce è stata pubblicata il 10/10/2016 da in 3×100 con tag , .
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