Sulla stanchezza dei manghi africani,
appesi all’equatore come lanterne di luce e buccia,
scivola la fame dei vampiri, atterra il guano del sole.
Al caldo
gli anni hanno rughe più indulgenti
i sogni trasudano di occasioni perdute.
La neve. La neve è miraggio. La neve.
Il vento porta sabbia per i denti
e loro cedono lo smalto per una gavotta.
Danza nel sangue, dio nei muscoli.
Affittare piroghe per sfidare
dell’oceano
l’immoralità
lo sfondo.
Apriti oceano .
Spiaggia di Ouidah (Benin).
©Gabriella Montanari. Tutti i diritti riservati.
Qui i morti germogliano ai piedi dei frangipani.
I camerieri neri hanno guanti bianchi
che incrinano l’argento per il tè.
L’equilibrio è senza tibie, l’elemosina suda.
Ai semafori la pazienza delle mele nelle reti,
una fila indiana di «vorrei ma è meglio di no»
il costo netto del guardare senza sporcarsi.
Fuori dalla moschea, fuori dai tessuti di batik
l’inno è quello del disagio, del latte di cocco cagliato
e non c’ è fame che tenga
quando
dallo spessore piuma di un braccio
spunta il grasso
di un sorriso folgore
che non chiede.
Trinità di costati
Zona degli altipiani, Kpalimé (Togo)
©Gabriella Montanari. Tutti i diritti riservati.
Coloni, espatriati
stessa insofferenza per le ghiandole acide,
per il sebo stipato di muffa e spezie.
Alla fiera dei feticci, tra pollini smussati
l’uomo sbiadito sperpera
teme, oh sì, teme, teme per quanto trama,
il a le trac, ansia-ansia
da superstizione foraggiata a franchi,
franchement…
un gri-gri per incutere amore
un pizzico di camaleonte per le bizze della bile.
Dove la religione beve linfa di capra
e il ferro è un dio che scaccia le mosche
non c’è terreno vergine
per l’occidente vestale
per i furti d’identità.
E di diamanti.
Alla fiera dell’ouest
Mercato dei feticci, Lomé (Togo)
©Gabriella Montanari. Tutti i diritti riservati.
A stendersi
ci si guadagna in altezza di orizzonti
e profondità di pause. Pensieri bolle di risacca.
Da sdraiati
coi baobab a guardia del pane delle scimmie,
ogni sgarbo di pioggia è pianto primitivo
anello di fede mancante.
L’ibisco lo si beve, secco, ammantato di menta
e limone, aspro di soprusi e sconti pretesi.
Ai rintocchi del pipistrello rispondono
l’astro che cala dietro il filo spinato
il vapore del foufou
contro la telecamera spia
i bambini
i bambini che sanno ridere di niente
i gatti magri
la noia inconfessabile
poi finalmente la notte
santa
di chimica.
Oltrepensare
Lomé (Togo)
©Gabriella Montanari. Tutti i diritti riservati.
Gabriella Montanari (1971, Lugo di Romagna)
Laureata in lettere moderne all’Università di Bologna e diplomata in pittura presso la Scuola d’Arti Ornamentali San Giacomo di Roma, è poeta, scrittrice e fotografa. Traduttrice di poesia e narrativa dal francese e dall’inglese, collabora con riviste di critica letteraria, d’informazione e d’arte italiane e francesi. È stata co-fondatrice e direttrice editoriale della casa editrice WhiteFly Press (Ravenna).
Esordisce in poesia con Oltraggio all’ipocrisia per le edizioni Lepisma di Roma (2012), a cui hanno fatto seguito Arsenico e nuovi versetti (La Vita Felice, Milano, 2013), Abbecedario di una ex buona a nulla (Rupe Mutevole Edizioni, Parma, 2015 ) e Si chiude da sé (Gilgamesh Edizioni, Mantova, 2016). Pubblica per Supernova di Venezia (2016) il suo primo romanzo, Donne di cose. È in uscita, per Danilo Montanari Editore (Ravenna) il libro d’arte Reattivo di Valle (poesie e fotografie) con acquarelli di Sergio Monari. Sue poesie, racconti e traduzioni sono raccolte in antologie italiane e internazionali. Attualmente vive e opera tra l’Africa (Togo) e l’Italia.
Si sente chi l’Africa l’ha vissuta veramente e poi ne scrive in poesia. Questi versi sono molto belli.
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