di Nino Iacovella
Cerchi
È sparito il tuo mondo dissociato, qualcuno te lo mostra rattrappito
dentro una palla di vetro innevata, c’è anche la tua cattedrale e la
[piazza
spiazzata quella sofferenza inflitta, tutto ruota intorno a sé un cerchio
[lento
che non si chiude resta aperto e spento, le cose che non andavano fatte
hanno inciso cicatrici gemelle, e non basta scuotere le spalle il capo.
Arriva in redazione Rizomi e altre gramigne di Maurizio Manzo, autore cagliaritano già frequentatore del lit-blog La dimora del tempo sospeso, un luogo di incontro dedicato alla scrittura e all’arte a noi molto caro. Ci propone alla lettura un’opera di poesia legata alle suggestioni dell’innovativo modello semantico teorizzato dai filosofi Gilles Deleuze e Felix Guattari: il rizoma. Per questo, prima di parlare di poesia e lasciar dire alla poesia, è indispensabile citare l’esergo di Deleuze – Guattari ad apertura del libro, proprio perché è una dichiarazione di poetica che Manzo sposa in pieno per farne la spina dorsale del libro.
“…il rizoma connette un punto qualunque con un altro punto
qualunque e ognuno dei suoi tratti non rinvia necessariamente a tratti
della stessa natura, mette in gioco regimi di segni molto differenti e
anche stati di non-segni.
[…]
Un rizoma non comincia e non finisce, è sempre nel mezzo, tra le
cose, inter-essere, intermezzo. L’albero è filiazione, ma il rizoma è
alleanza, unicamente alleanza”.
G. Deleuze-F. Guattari, Mille piani
Un libro di poesia che nasce da uno spostamento di baricentro, che in questo caso risulta essere sul piano concettuale. Si punta sulle interconnesioni del flusso di pensiero che intende divenire poesia. Siamo all’interno dell’atto creativo rizomatico, articolato in una germinazione che parte da gangli oggettuali (la conferma sta nei titoli monoparola, sostantivi reali o astratti che siano) che scivolano lungo i percorsi del rizoma, sia sul piano dell’orizzontalità della forma del verso, con la presenza del doppio endecasillabo, e sia sul piano della lingua, con parole dal quale è possibile osservare le ramificazioni legate ai significanti, in una proliferazione di segni, suoni e significati che si avviluppano l’un l’altro. In fondo la poesia, tra le sue tante e creative definizioni, è il nostro sguardo sul mondo che cerca di trarre dai dettagli, dalle sfumature dei particolari, le risposte ineffabili sul senso del vivere e dell’esistere. Maurizio Manzo parte dai dettagli per farsi trasportare da essi senza avere l’ambizione di far confluire la poesia in un senso preordinato; si lascia ispirare dalle possibilità del flusso creativo rizomatico, pagando però anche il prezzo di una naturale perdita di tensione emotiva del testo, tensione che Manzo invece non lesina nei versi del suo libro della maturità Sette terribili ostriche e una perla. In termini economici la parola appropriata per descrivere questa situazione di fatto è trade-off , ossia “quello che guadagni lo fai al prezzo di una perdita”. La riuscita sul piano della costruzione ideologica dell’opera ne è anche un po’ il suo limite. Come dice felicemente Pasquale Vitagliano nella prefazione al libro, tuttavia l’opera rappresenta un vero e proprio tentativo, coraggiosissimo, di “riconsegnare al verso e alla parola l’ambizione di sfidare a mani nude le altre più complete e sensoriali forme d’arte. Questa poesia è pura scrittura.”. A Maurizio Manzo va dato il merito di aver alzato l’asticella della posta in gioco, osando il salto di paradigma, e averci presentato un’opera decisamente originale e compatta.
Rizomi e altre gramigne, ZONA Contemporanea, Lavagna (GE), 2016
Chincaglieria
Ci sono ore sempre le stesse rase, dove un passo si dirige da solo
come le cose che segnano il viso, chincaglierie dell’anima disperse
invece alcuni restano sospesi, ma prima o poi pure il vuoto si sfonda
è il rumore rapido di un risucchio, quando hai individuato tutto il
[dolore
che distendi da parete a parete, dove fare l’equilibrista a notte.
Ossa
Si prosegue a salti fugacemente, anche ascoltare richiede sforzi
[immani
si parla solamente a e per sé stessi, tu ascoltavi il suono del mio
[cammino
stonato e fatto di sincopi stolte, quando si avvicina la vita è tardi
l’ora di piegare i panni e cambiarli, ma manca al solito l’armadio
[giusto
e gli scheletri hanno l’osteoporosi, buttare cose frantumate è semplice.
Falle
I ricordi più recenti svaniti, ma sapresti trovarli nella micro
memoria che salva ogni vita attuale, la loro fetta del giorno trascorso
tutto sembra farsi meno complesso, è toccabile pure nei suoi secondi
nelle stagioni a viraggio virale, finché affiora qualcosa incontenibile
che fuoriesce come acqua da più parti, non sai più se perdi gioia o
[dolore.
Anomalie
Si è sempre al proprio interno smisurati, nessuna prospettiva lineare
definisce i confini dove stare, non lo diresti mai che si è deformi
nel rumore della testa che rimugina, nello sguardo che sequenza il
[contesto
che si fa minuscolo o gigantesco, il guaio è capire quando non è un
[sogno
che ci si ferma davanti ai burroni, non si svegliano i morti con un
[bacio.
Maurizio Manzo è nato a Cagliari nel 1961. Ha pubblicato nel 1985 Coreografia del ghetto storico, (Edizioni Castello) enel 2014 Sette terribili ostriche e una perla (Edizioni Lepisma). Alla XXVIII edizione del Premio Montano ha ricevuto una menzione speciale per la raccolta Anamorfiche e altre Distorsioni e per la poesia Traccheggio. Suoi lavori sono presenti in vari lit-blog.