Molti presenti italiani che ripongono tutto il pregio della poesia, anzi tutta la poesia, nello stile, e disprezzano affatto, anzi neppur concepiscono, la novità de’ pensieri, delle immagini, de’ sentimenti; e non avendo né pensieri né immagini né sentimenti, tuttavia per riguardo dello stile si credono poeti, e poeti perfetti e classici; questi tali sarebbero forse ben sorpresi se loro si dicesse, non solamente che chi non è buono alle immagini, ai sentimenti, ai pensieri non è poeta, il che negherebbero schiettamente o implicitamente, ma che chiunque non sa immaginare, pensare, sentire, inventare non può possedere un buon stile poetico, né tenerne l’arte, né giudicarlo nelle opere proprie ed altrui.
GIACOMO LEOPARDI
Primo settembre dell’anno 2017, riparte l’avventura di Perigeion con un nuovo logo realizzato dall’amica Donatella D’Angelo, adattamento grafico della farfalla dei bambini di Terezin. Siamo entrati nel pieno della maturità del nostro blog collettivo dedicato alla scrittura e alla poesia: per questo lo stato nascente degli inizi, appassionato e a tratti febbrile, si è ora assestato in una visione più consapevole del nostro percorso, che sta attraversando una nuova fase evolutiva. Innanzitutto abbiamo condiviso con lo spazio Bezzecca Lab di Milano l’idea di presentare al pubblico i “nostri” poeti in carne e ossa, anche se sinora solo sulla piazza di Milano. Ma la novità più interessante, che mette in gioco la redazione in un vero e proprio scouting autoriale, è la nascita dell’alleanza editoriale con la dotcom.press di Fabrizio Bianchi per la pubblicazione di una collana che porta il nome del nostro blog. Un’alleanza, visto che noi non siamo editori e non ambiamo ad esserlo, che ribadisce la struttura leggera e sinergica di Perigeion: uno spazio aperto che vuole mettere in evidenza tutto ciò che si ritiene di assoluta rilevanza poetica.
Chi siamo stati sinora? E che cosa saremo d’ora in poi?
Sinora abbiamo creduto nella necessità di fare arte, di scriverne, di investire tempo e impegno in maniera gioiosa e puramente gratuita, con una particolare sensibilità alle tematiche sociali.
Da ora proveremo ad essere qualcosa in più: una voce che con maggiore chiarezza e determinazione tenterà di valorizzare autori il più delle volte poco conosciuti o “poco riconosciuti” a causa dell’ambiente asfittico, in quanto troppo settario, della poesia italiana. Ciò non vuol dire che saremo settari alla rovescia. Il blog rimane sempre aperto a tutte le proposte ritenute meritevoli a prescindere dai canoni e dalle ideologie. Ma le attività di “incontro con gli autori” e le pubblicazioni di certo saranno dirette a colmare quelle che a nostro avviso sono alcune delle lacune presenti nel nostro panorama letterario.
Per questo il primo incontro al Bezzecca Lab è stato dedicato a un poeta siciliano di grande valore: Fernando Lena. Il suo libro La profezia dei voli ha suscitato meraviglia e persino commozione nella redazione. Lui è il primo autore presentato dal vivo attraverso il nostro blog con locandina “farfallata”.
Come primo numero delle edizioni Perigeion abbiamo scelto di riproporre su carta Lavoro da fare di Biagio Cepollaro. L’autore non è uno sconosciuto e ha un suo posizionamento preciso nella più recente storia letteraria italiana. Non è qui il luogo per ripercorrerne le tappe. Quel che per noi è importante sottolineare è il processo di spoliazione dell’uomo e del poeta dal superfluo della vita (e della letteratura stessa), processo che ha condotto Cepollaro a impegnare tutti gli strumenti stilistico-retorici della sua poesia per tratteggiare una possibile funzione etica e conoscitiva della scrittura. Un libro che mette in evidenza la profonda crisi intellettuale e umana di Cepollaro che vede sgretolarsi il suo mondo, un mondo dove era ancora possibile individuare una posta in gioco, una convergenza di forza e sogni verso uno scenario d’ipotetico cambiamento politico, culturale e sociale.
Un ripiegamento impensabile prima di allora per un autore che, dal palcoscenico di una lotta ideologica sostanziatasi anche attraverso il percorso d’avanguardia letteraria condotta dal Gruppo ’93, arriva sino al punto dell’isolamento più completo dall’ambiente letterario, per ricercare una ulteriore vicinanza tra vita e scrittura, come afferma nell’introduzione Andrea Inglese, quasi in una forma di ascesi laica.
Significative sono le parole del suo caro amico, il grande poeta Giuliano Mesa, su Lavoro da fare: “Lavoro da fare è un grande testo di meditazione poetica, dove si fa ancora più accentuata, quasi “naturale”, la capacità di fondere pensiero, preghiera, lacerti di quotidiano e di storia sociale. La lingua scorre, senza incrinarsi o esplodere, ma è lo scorrere, penso, di chi cammina sul filo, conoscendo l’abisso sottostante; una sorta di esercizio zen.”
Il secondo libro della collana Perigeion, di imminente uscita, Edifici pericolanti di Massimiliano Damaggio, mostra anch’esso una forte tensione etica nel dire la condizione di sofferenza del nostro tempo. Con straordinaria sensibilità Damaggio avverte la presenza ritmica di un male prodotto in serie, monotono, assuefacente. Si tratta, come scrive Fabio Franzin nella postfazione al libro, di dare voce a quella “produzione di massa del dolore che sembra il riassunto, lo slogan preciso e sintetico del fallimento di una globalizzazione che, prima di essere unione pacifica fra i popoli, così come ci era stata prospettata, è stata, ed è, mercificazione di massa dello sfruttamento di manodopera e quindi dell’essere umano, corsa al ribasso di costi e diritti, per l’arricchimento delle multinazionali che sono i nuovi e reali imperi colonialisti del terzo millennio: la sua poesia è il diario in cui l’uomo dismesso alla dignità certifica a noi la sua sconfitta”. I versi di Damaggio scavano tra macerie che affiorano da temi sociologici e antropologici, nella tragica consapevolezza che la poesia non è salvifica, anzi amplifica lo iato fra intenzione e realizzabilità di un gesto di rivolta. Anche la poesia civile è impossibile, se l’umanità è ormai “dismessa” o composta per metà da “uomini in affitto/ ripiegati in due dentro il contratto /nell’atto di spalancare la bocca / per ingoiare la moneta” e per l’altra metà da uomini “intrappolati in uno stato di perpetua transitorietà, pericolanti ma crollati.” Eppure il poeta ancora parla a questi individui isolati, intrappolati, rotti, nascosti e abbaiati, dice loro che bisogna tentare di essere uomini, nella convinzione che “Il prossimo è te stesso. Se ha male, ha male come te. Se ha paura, ha paura come te. E se si sorprende muto davanti alla bellezza, sono le tue stesse parole che non trova”.
A questo punto non ci resta che augurarvi una buona nuova stagione di “Perigeion: un atto di poesia”. Lo facciamo attraverso l’incipit del primo e del secondo numero della collana Perigeion della dotcom.press
Lavoro da fare, di Biagio Cepollaro, 2017
calmati o il cuore ti scoppierà e non è metafora
poetica ma proprio sordo tonfo d’organo
risposta che travalica
domanda e nel vuoto degli occhi
si schianta
ora scrivi come hai sempre fatto
e non scherzare più col fuoco
della vita
o in una di queste mattine la piccola
storia sgangherata e sempre
pronta a rimangiarsi il cielo
finirà tra lo strepito del condominio
non come si chiude un volo
ma come un colpo di tosse
calmati e scrivi: fallo anche ora
in mezzo ai capelli bianchi
fallo come quando eri ragazzo
col terrore negli occhi
fallo anche solo per non crepare
non si tratta più di conoscere
si tratta ora nel pericolo
grande solo di portare a casa
la pelle: non c’è niente in questo
di cui ti devi vergognare: è così
e basta.
e ora che la voce si alza riesci
perfino a vedere nella finestra
di fronte l’onda del mondo
che s’appiana in risacca di pietra
e metallo: senza prodigio non vai
da nessuna parte ché quello
che non ti fu dato all’inizio
non cesserà mai di mancare
e lo hai sempre saputo di andare
storto nel mondo come uno
che anche correndo lo fa
con una corda al collo: ora
non dare strappi: fa colazione
fatti la barba siediti pure
ma fallo lentamente senza la stretta
non è colpa di nessuno se la voce
che ti dai è la sola che in piedi ti tiene
Edifici pericolanti, di Massimiliano Damaggio
Questo cercare l’equilibrio sul filo del coltello
questo terribile coraggio di fronte alla grande paura
e questa paura infantile di avere piccoli coraggi
Vinicius de Moraes
Transitiamo nella zona industriale
su questa terra defunta riposano
nomi di cose in disuso
gonfi di piogge oblique
fioriscono gli uomini dismessi
Aspettiamo, alla fermata dell’autobus, la sera
Sono piccoli vegetali oscuri
dove immergere la mano
è rumore senza forma
sono le cose con le dita
impermeabili fiori all’incontrario
Coglierli oppure abbandonarli
corpi scivolati nell’ingorgo
di acque inquinate defluiscono
in esistenze decimate
un nome dopo l’altro, dentro i tabulati, fino all’estinzione
In questo modo precipita la notte
un alito assente scivola fra i denti
Aspettiamo l’accredito sul conto corrente
***
Di notte invio i dati di vendita del giorno
nel silenzio dei condomini appesi nel sonno
lo sciame di cifre che trapassa il corpo
in ginocchio sulla statistica, e la paura
che chiamino, a quest’ora, per avere spiegazioni
Dino sta sotto budget da almeno tre mesi
ti dicono di dirgli che è un coglione
non è un insulto, ti dicono
è questo il risveglio
***
Gianluca, hai il sorriso ferito
dalla forbice fra obbiettivo e fatturato
sulla sedia blindata della riunione
carichi in canna il resoconto ultimo
e ti si sente
attorno un largo silenzio, e nel rumore
del tuo dissesto interiore ognuno sta
nella posizione da contratto
Dietro questi piccoli quadri
si muovono gli uomini abbaiati
dal cane del credo quotidiano
Lei ora appartiene, ti dicono
all’archivio dei nomi in disuso
L’ha ribloggato su evangelia polymou.
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L’ha ribloggato su La lanterna del pescatore.
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Ben tornati, mancavate. Non so cosa sia una dot.com ma mi sembra di capire che la buona poesia sarà ancora una volta salva. Grazie di questo e buon lavoro.
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