perìgeion

un atto di poesia

Un doppio desiderio

 

 

di Marco Furia

 

In “Diario Doppio”, di Marco Ercolani e Lucetta Frisa, “s’incrociano casualmente” i destini di “un anziano e celebre scrittore giapponese” e di “una donna italiana” ricoverata, in coma, all’ospedale di Aosta.
Lascio il lettore libero d’insinuarsi nelle vite dei due, di trovare connessioni e divergenze, di scorgere tra gli abbondanti frammenti esistenziali l’immensità di un tutto avvertibile eppure sfuggente.
Mi soffermerò, piuttosto, su alcune pronunce.
Leggo a pagina 13:

“Le parole non vanno usate velocemente, l’ho imparato
nel corso degli anni”.

Molti dicono d’esigere maggiore rispetto per un linguaggio di cui denunciano l’uso spesso bolso e poco espressivo, ma qui, in maniera efficacemente concisa, si dice qualcosa di più.
Si dice che non si parla ma s’impara a parlare “nel corso degli anni”: ci si riferisce, insomma, a un’esperienza la cui durata tende a coincidere con il tempo della vita stessa.
Più avanti, a pagina 16, emerge il tema del silenzio:

“Ingenue le creature umane. Pensano di proteggere
la loro vita mantenendo un silenzio assoluto”.

Il silenzio protegge più della parola? Rimanendo zitti si corrono meno rischi?
I complessi rapporti tra il parlare e il tacere vengono presentati, con sintetica immediatezza, sotto il profilo dell’ingenuità: gli uomini talvolta, in maniera semplicistica, assegnano ai propri atteggiamenti valori assoluti non radicati nelle specifiche circostanze concrete.
D’altronde, quello del diario non è forse un genere in cui, più che in altri, si riscontra una concomitanza tra il dire e la sua assenza?
Scrivere a se stessi è una forma di silente soliloquio?
Non mancano, poi, vividi tratteggi che, nella loro limpida valenza descrittiva, rivelano una propensione al racconto inteso quale offerta verbale di minime entità capaci d’evocare un senso d’interezza intimamente presente:

“Ogni mattina, la proprietaria della piccola stanza
che ho preso in affitto mi saluta sorridendo tra stupore
e diffidenza”.

Poche righe dopo, non a caso, sono messi in evidenza ulteriori tratti dall’allusiva oggettività:

“Oggi, sul mio cammino, ho incontrato una foglia
infinitamente piccola e tenera, e più chiara
delle altre”.

Concludo, notando come la pronuncia

“Non mi piace lasciare in sospeso
una ricerca, un’idea, un sospetto, un sogno,
un libro, un enigma. Un testo che sto scrivendo
e una domanda ”

venga illuminata, nel corso della medesima pagina, dall’interrogativo:

“Il solo desiderio basterà a farmi trovare
la strada?”.

È, forse, proprio il desiderio il tema di “Doppio Diario”?
Un desiderio di sempre maggiore completezza che non può essere soddisfatto in maniera definitiva e che, perciò, accompagna l’intera esistenza degli umani?
L’amore è desiderio poiché la vita stessa anche lo è?
Lascio la risposta al lettore.

 

Marco Ercolani, Lucetta Frisa, “Diario Doppio”, Robin Edizioni, Torino, 2017, pp. 122, euro 14,00

 

 

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Questa voce è stata pubblicata il 16/09/2017 da in ospiti, prosa, recensioni con tag , , , .
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