perìgeion

un atto di poesia

Fabrizio Bianchi. Poesie.

A cura di Christian Tito.Foto di Tiziana Grassi 2 rid

foto di Tiziana Grassi.

Forse non tutti sanno che Fabrizio Bianchi oltre a essere uno degli editori underground di poesia contemporanea più dotati nell’individuazione di veri talenti è anche  egli stesso poeta dai tratti sorprendenti. La sua poesia ci apre  un mondo apparentemente altro rispetto al carattere schivo, riservato e mite della sua persona: un mondo lacerato, dolente e a tratti rabbioso, ma capace di conservare in sè, in qualche modo, una furiosa vitalità.

 

Afasìa

 

Nel dormiveglia di una spiaggia

[rumori indistinti    in sottofondo

voci, richiami, tonfi d’onda  suoni lontani]

 

cerco    disperatamente

senso  e  scopo

 

osservando  a occhi socchiusi minuscoli [invisibili] animali trasparenti

in corsa sghimbescia  senza senso

sotto il tremendo sole micidiale

di immensi interminabili deserti di sabbie bianchissime

 

 

Dagli inferi    di questa triste vita

mangiando una pizza   ai peperoni

in uno sperduto paesino di Calabria

devastato, senza storia    un insignificante garbuglio di cemento

il rifiuto.   Un soprassalto fisico d’insopportazione.

Dopo tanto tempo.    Di fronte ai miei figli stupiti.

In compagnia di un padre assente.

distante anni luce  e sconfinate solitudini

dalla loro affamata allegria di vacanze.

 

Cupio dissolvi.

 

[e non ho nemmeno la forza di scriverlo in chiaro.]

 




Bad boy.

 

Mi piacciono le coccinelle.

perché sono bambinesche, tonde

un fumetto vivente

Anche per i colori vivaci  [rosse o gialle]

e i pois così netti, neri, disegnati a china

E ti salgono volentieri sul dito

sulla mano.  E sono resistenti.

Non si schiacciano subito. Sembrano di plastica.

Dio le ha fatte resistenti

per i bambini. Anche quelli   /cattivi

/sadici

/cresciuti.

[Come me.]




Demoni sulla città.

[Milano, fabbrica del duomo]

 

nude bianche  natiche marmoree

nel terso gelo del vento

stagliate  [in imbarazzante vicinanza]

sull’azzurro cyan 100%

dell’impietoso cielo di Marzo.

[volano i fogli  e le misure  dal cantiere

sulla sacra piazza del re]

statue morte   immobili

di una scorticata bellezza.

orizzontali   sulla piattaforma di restauro

[sporche nere ferite nei costati]

violate  con accanimento tecnologico

[smerigliate, molate, attaccate con l’acido]

il cavo del parafulmine   nascosto

ficcato su per il corpo  /muscoloso

/contratto

branding e fiamma ossidrica

inserimenti di metalli nelle carni

[ormai] anonimi eroi

del bene e del male

santi discinti guerrieri   e

orride mutanti  metà mostri  [ volanti

striscianti]

frutto di immondi incesti   demoniaci

bestialità

sadiche pratiche [medievali] di sesso

& uso estremo del corpo

[spellato, tagliato, bollito torturato]

martirizzato nelle fiamme

trafitto e azzannato

[volti /bianchissimi  contratti nell’orrore]

/esangui

 

e su tutto

nere   pestifere cancrene di smog:

il fiato maligno  della città.




 

                                                Fast sex

[Ciò che tutti vorrebbero fare in metropolitana]

 

Non c’è   in tutto questo treno

[giallo groviglio di corpi  della linea 3]

una sola donna   che mi scoperei

[mentre mi divora la nostalgia di te

e di tutti i tuoi buchi sensibili

della tua pelle

di ogni sua macchiolina o lentiggine

delle tue labbra socchiuse]

una donna   sufficientemente  /bella

/a te simile

da provare a levarle [anche solo mentalmente] i vestiti

avvicinandomi in silenzio

sbottonando e aprendole piano il cappotto

[guardandola fisso negli occhi  /sorpresi

/sconosciuti]

abbassando lentamente la zip del golfino

sfilando dalla gonna [a fatica]  la maglietta

risalendo con le dita, la mano  verso il reggiseno.

Toccando. Poi spostando la carezza sulla schiena,

alla ricerca di qualcosa da sganciare. E finalmente

sollevare tutto,  forzando una tardiva protezione di mani

a baciarle il seno. I capezzoli. Bagnarli  /eretti  con la lingua.

/induriti

mentre le abbasso la gonna e i collant

e cerco famelico il suo sesso bagnato  scostando gli slip

e la penetro  /in piedi       [tra le imprevedibili scosse del metrò]

/in equilibrio

sicuramente tra gli applausi ammirati degli altri viaggiatori

[urla e fischi di incoraggiamento,  una standing ovation

sincera e liberatoria, richieste di bis].

 

E invece,

arrivo frustrato a Porto di Mare

per incontrarti [mentre stai partendo]

per un fugace abbraccio

un bacio furtivo sulla guancia

nel buio

e nel buio subito scompari

[lasciandomi un desiderio ardente di te

che divampa   e mi brucia dentro i calzoni congelati/stecchiti]

triste e inappagato pendolare dell’anima

[maledettamente solo]

in mezzo a tutta questa gente silenziosa che corre

tra fischi e stridori di gelide stazioni  /invernali

/secondarie.




Giardinetti

 

 

                                 Giardinetti. 1

 

 

Ai giardini    cerco di scrivere

ma mi reclami  /all’altalena

/allo scivolo

piangi per un’improvvisa caduta

[le ginocchia strisciate

da polvere nera e sieroso sangue appiccicoso]

devo farti fare pipì    tergerti

le righe terrose delle lacrime

[mentre non so   perché  /vivo

/vivi

in  /orrenda caduta verso il nulla]

/rapidissima

 

Fare finta di niente.

 

 

                                  Giardinetti. 2

 

 

sono come questo pennuto

insaziabile

coatto   alla ballerina buffissima

danza   tronfia impettita  zampettante

[con ritmici affondi del collo]

tubante   intorno alla femmina/e

di turno.   Una o l’altra.

(con saltino  veloce  sveltino)  frullo d’ali  hophop

poi quattro becchettate  a granini invisibili

di cibo  o a sminuzzare sbriciolare strappare

schiacciati pezzi di focacce merendine cialde da gelato

poi da capo.   Giravoltando su se stesso.

Derviscio infoiato  dallo sguardo tondo e rosso.

 

Piccione.

 

colto a scrutare   giovani carni

di mammine  primaverili leggere pocovestite

trasparenti

tutto intento

a strapparmi da dentro

tumori ed escrescenze  [callosità,

deviate deviazioni]  ipertrofie

rigonfi bubboni.

 

Gli anni non fanno dei sapienti.

Fanno solo dei vecchi.




La piscina di Siloe

 

 In quei tempi…

giravo con una strana macchina

[una bella Lancia spyder di Bertone]

color rosa mutanda

(dopo il Maggiolone cabriolet bianco con capote nera

e prima della BMW 520 automatica, della Daimler Sovereign, delle Volvo turbo)

vivevo

nel miniappartamento monacale costosissimo

di un residence freddo e moderno alla periferia nord dietro Niguarda

[lo stesso dove viveva Walter Chiari]

tutto grigio e bianco

disegnato da Achille Castiglioni   con luci soffuse

di lampade Atollo ed Eclisse ai comodini

e le sospensioni Prinz Brau sui tavoli riunione

e degli oblò e una piscina azzurra

e un vago senso d’acquario

svegliando immancabilmente

il buffo, ossequioso, servile portiere di notte

col parrucchino nero di traverso, sollevato  finto

alle tre, alle quattro, alle cinque del mattino

di ritorno da nebbiose scorribande rapinose di donne in brianza

o notti di duro lavoro invasato eccitante

per le Grandi Presentazioni di Progetti Irrevocabili

[Le Ville di Carnate, l’acqua Rhazunser, i soft drinks Meeting]

tutte fallimentari invenzioni estemporanee senza senso

di improbabili committenti senza fondi

destinate a una morte precoce

accelerata da una [buona] pubblicità assassina

amplificatrice dei difetti strutturali del prodotto

“prima lo provi, prima lo scarti”

quanti fallimenti!   che scia di malaugurati accidenti con rappresentanti, fornitori e mezzi…

Ma i lavori nascevano inesauribili come inaspettati funghi colorati

buoni [o più spesso velenosi] ma da raccogliere eccitati comunque

una sfida giornaliera con una inossidabile sconfinata presunzione…

Oh, la gioventù pulsante

il sangue ràpido e veloce

al cervello e al sesso!  Vincenti e immensamente ricchi in autostima.

Macchine veloci, potenti moto, le donne

l’assatanato sesso inesauribile

miscelato al lavoro, lo studio, prendere casa, creare società, affittare sedi

leasing di attrezzature, arredamenti d’ufficio, assoldare ragazzotti

o segretarie-schianto   per far uscire di testa i clienti

da scopare -possibilmente- a turno [da bravi soci al 33%]

[prima di licenziarle in tronco   con qualsiasi scusa   al termine del periodo di prova]

sigari sempre più grossi e costosi. Frigobar forniti.

Cappottoni e sciarpe di cachemire. Decorativi cappelli.

Conti aperti ai bar e ai ristoranti più trendy della zona.

E nottate di documenti da stendere   strategie di marketing

strategie creative, bozzetti e storyboard.  L’agenda  fitta di riunioni

gruppi di lavoro, esotici collaboratori dai più insoliti paesi del mondo

troupe di giovani registi emergenti [dai nasi già affilati e necrotici]

case di produzione infarcite di coca   polvere bianca dappertutto sul set

o in backstage.  Modelle. Jingles pompati. Tutto un flash di nuove idee vincenti mai viste.

 

Dieci anni di rigonfio ipertrofico vuoto nulla insensato.




 

                         MISTER ZHOU

[SUSHI & SASHIMI]

 

Dopo l’OutOff

[e un freddo, distaccato, sbrigativo De Angelis]

colmiamo l’insoddisfazione  sui Navigli

[io e una Yoko  dalla devota leggerezza

-davvero quasi insostenibile-

come le sue fragili e continue risatine

insondabili  orientali, teneri moti d’imbarazzo]

ed eccomi  [io che ho sempre odiato

il pesce e il crudo]

alle prese  con [sublimi] bocconcini

crudi  e bianchissimi  di squisiti pesci impronunciabili

[ed urti di reale disgusto]

involtini di delicato tonno rosso

e -per fortuna- un /semplice tempura vegetale.

/saporito

 

Poeti esangui

tutti concentrati  in privati [noiosi] malesseri

[in genere insegnanti: lettere o filosofia]

minime, /insipide esistenze  che cercano riscatto nello scrivere

/malcotte

sublimando in preziosissime  raffinate forme

/piccole ansie  prese per universali angosce

/intime

incapaci di vivere davvero la vita

di amarne i reali odori & sapori

e il denso sangue nero che la irrora

 

E sporchiamola, dunque   questa poesia

con tutte le scorie  e la melma del reale

ingoiando, fino in fondo  lo schifo di un mondo che ti stupra,

ti violenta, ti tortura a morte, oggetto senza dignità

corpo stracciato  sotto il sudario del foglio

lenzuolo bianco  che deve testimoniarne lo strazio

[vera sindone laica   E sacra]:

come nel polittico di Vespignani

gli stracci sporchi, gli occhiali schiacciati

la camicia incrostata di sangue e di fango

la tavoletta di legno insanguinata [con capelli]

raccapriccianti reperti

[sulle tele, di una scandalosa bellezza]

dell’omicidio Pasolini.




 

                             Sacrificio al dio serpente.

 

 

Ed ecco: siamo all’elevazione.  E ti proclamo beata

[di fronte a Dio e agli uomini]

e vorrei avere 3 peni,  e 2 bocche a ventosa

e più lingue  [nei posti giusti]

migliaia di sensori e tentacoli

su un corpo da enorme pitone

per possederti tutta

contemporaneamente

e avvinghiarti poi   fino a toglierti il respiro

e ingoiarti poco a poco    nella bocca   slogata

smisurata

gli occhi sbarrati   in uno sforzo disumano

il corpo deformato  che segue la tua sagoma:

una pelle che scivola, con lentezza, sulla tua

fino ad avere, perfettamente, la tua forma

[così amata]

Divento te, dentro.

Pigramente piangendo,

[dal piacere]    per settimane.

Finalmente sazio.

Sfamato.




“Meglio bruciare

                                      che spegnersi lentamente”

Kurt Cobain

 

 

Showdown.

 

 

vecchie poetesse  [brutte o sciancate]

o ancor più vecchie traduttrici.

Terribili rosse con la faccia  /legnosa  da cavalla

/irlandese

bianca e infiammata

 

come sconvolte e eccitate   [quasi ubriache] di poesia

[io un sobrio, astemio mormone, al confronto:   un triste shaker

che vive tra le sue  /povere cose   dalla monacale esiguità]

/minime

 

Dio, non farmi diventare   un vecchio poeta

gonfio dei suoi miseri ricordi

dei premi collezionati  in una vita di concorsi

[giurie amiche  e acerrimi avversari]

parlatore instancabile

presenza  /inevitabile  in massacranti tavolate

/invadente

con aneddoti,  pungenti note,  retroscena

declamazioni improvvise,  attestazioni di primati

citazioni dotte,  con compiaciuti sorrisi sdentati

gli occhi lacrimosi   D’inverno il naso che cola

mentre legge o declama.   Una tendenza ad assopirsi

agli interventi altrui

[presto: un divano, un letto, un prato, un giaciglio]

mentre ingoio  di nascosto  Fisherman’s Friend

per tenermi sveglio

non sbadigliare  irrefrenabilmente

[come un  /esagerato ippopotamo]

/assonnato

alle mortali letture di poesia

di giovani autori   concentrati

sulle loro seghe  attorno a uno scrittoio

un temperino,  il cappello del nonno.

[piangerci tutta la vita:    ecco

un perfetto lavoro di falegnameria]

 

Invece.   Progettatore di disastri

[la cattiva sorte  arrotolata al polso

come un braccialetto  sfortunato]

brucio ancora    /spietatamente

/disperatamente

[come una] lucertola

strappato a pezzi

E ricresciuto in altre parti

[code, zampe, bifide lingue]

ancora vivo

 

e [profondamente] desidero

i desideri rabbiosi di un feroce adolescente

 

L’unica cosa che non mi è più concessa:

essere morto  conseguentemente  da giovane

[scellerato white punk on dope]

 

per eccesso di vita




 

Stardust

 

I vecchi poeti

recitano tutti una poesiola sui gatti

[e anche sui moscerini e sulle mele]

e c’è anche quello più famoso

[già mummificato]

che legge   impappinandosi

direttamente dalla bara.

 

[gli tengono il microfono davanti alla bocca

come lo specchietto del medico

che deve constatare se ancora c’è flatus]

Dio, fammi morire prima

[visto che il demone della poesia

presumibilmente

non mi abbandonerà fino alla fine].

 

 

L’unica cosa viva in questo castello

pieno di polverosi reperti [e intendimenti]

è fuori dalle finestre         a sesto acuto:

il verde rigoglioso degli alberi

agitato furiosamente dal vento.




 

 Videogiochi.

 

 

                                                                                  Videogioco. 1

 

 

Ti lancio [con nipponiche urla di violenza]

globi di fuoco e scariche di mortale energia

e [roteando per aria] devastanti calci in pieno volto.

Ma non muori. E ti rialzi e ti rialzi

colpendomi con tremende martellate di Thor.

 

Giaccio immobile tra schizzi del [mio] sangue dappertutto.

You lost. Try again.

[Mentre osservo compiaciuto   la mia orribile morte in replay].

 

 

                                                                       Videogioco. 2

 

Stanco di perdere, trasformo la mia Audi  in carrarmato da corsa

e mi lancio contromano   sparando bordate annientatrici

 

Schiaccio honda, volvo, peugeot, ford. Distruggo renault.

Ma mi è impedito [da uno stupido software moralista]

il massacro   lo splendido splatter finale:

piombare sugli spalti  annientare spiaccicare distruggere

tutta quella stupida gente  [pronta ad applaudire i miei avversari].

 

 

                                                                       Videogioco. 3

 

Smettila di saltare, Lara.   Scalare muri.

Correre e nuotare.  Sparare senza tregua.

 

Toglierti il reggiseno.  [ci sarà un trucco per farlo]

Appartiamoci in un angolo del giardino. Dentro la siepe a labirinto.

Fammi provare.  Toccarti.   Giochiamo col tuo corpo. Ti prego.

O violentami tu. Sono pronto.

E [dopo averlo fatto] fammi pure saltare via il cervello.




 

Dirty dancing.

 

Avevo quasi sedicianni  quell’estate

a Viareggio   abbronzato e profumato

con tutti i muscoli a posto   scolpiti e definiti

ed una fame assatanata di [mai provato] sesso.

Al Dancing Nettuno, la sera

ballando instancabile

skate, twist e hully gully

con brufolute bellezze quindicenni da spiaggia

sulla lama

tra [totali] incondizionati cedimenti  e ombrose ritrosìe

compagne della mia età   con le stesse voglie e frustrazioni

[e imbarazzanti, immancabili vampe di rossore]

tenere ragazzine   con la mamma al seguito

all’ora dei lenti

carezzavo di nascosto  scivolose sete sintetiche

peccaminose camicette velate

con giovani seni imbottiti  gonfi e eretti

schiene cedevoli

[incuranti di lievi inciampi e indecisioni]

addomi incollati   ma pronti a distaccarsi

[con uno scatto automatico]  alla fine del pezzo

e l’incanto svaniva lì   ingessati d’insoddisfazione

e l’eccitazione si spegneva [immancabilmente] ogni volta.

Ma una sera   proprio alla fine dell’estate

[una sera di saluti  e tristi addii

con le partenze già fissate  al giorno dopo]

non so quale insopprimibile esplosione di ormoni mi prese  e di slancio

invitai  [per disperata sfida masochista]

un’amica di mia sorella  del gruppo dei più grandi

una delle più insidiate conturbanti bellezze della spiaggia

e dopo i primi impacciati movimenti

prendemmo proprio un bel ritmo

e sicuramente diedi il meglio di me come ballerino

scivolando sicuro, danzando, scorrendo via veloci   senza intoppi

carne contro carne

la mia coscia destra  in mezzo alle sue cosce

un fiato caldo e sensuale  ad ansimarmi nell’orecchio

colli e guance che si giravano attorno  giraffescamente

nell’afrore [quasi animale] del profumo e dei capelli

un suo seno palpitante [il sinistro] sotto la mia ascella

la mia destra  con le dita all’attaccatura delle natiche

(incerta se scendere scivolando nel solco

o abbrancare decisa nel buio  il tondo pieno della carne)

e qualcosa di furioso enorme  congestionato turgido paonazzo

a strisciare premere risalire pulsare

proprio alla giusta altezza  nell’avvallamento del suo inguine

avrei potuto contare [mentalmente] ogni suo pelo

sotto le mutandine leggere che immaginavo sicuramente nere trasparenti

[e non la solita virginale maglina a costine   da ragazza perbene]

e poi, proprio all’ultimo, la musica finì.  Ma ai lati della pista [nel buio]

non cessava l’abbraccio.  Stavo venendo. Con un soffocato gemito.

E lei non si scostò.  Ma acconsentiva allo sfogo

con un malizioso [indimenticabile] sorriso. Nella correità più piena.

 

 

 

Quando tornai dal bagno, era rientrata al tavolo

tra le sue adulte compagne  che ridevano

con bicchieri da cocktail e sigarette accese

[non di me, vi prego, non di me!]

E corsi via in spiaggia  verso il mare nerissimo

a gettarmi ansimante su una sdraio  con gli occhi serrati a prolungare il sogno

[sotto il cielo stellato] e un sorriso d’estasi indelebile.

Lo stesso che mi ritrovo anche adesso  ogni tanto

quando in sogno mi ergo  ancora beato al pensiero di quel ballo

e non ci sarà freddo letto da single [o pagliericcio di galera]

che potrà spegnermi quel sorriso  e questo dolce incanto dei sensi.

Mio sogno bagnato per sempre.  Finché morte non ci separi.

FabrizioBianchi 2

Fabrizio Bianchi, ravennate, vive e lavora a Milano come creativo pubblicitario ed imprenditore. È stato assistente di critica d’arte all’Università Statale di Milano, e ha lavorato per un mensile culturale (di cui è stato segretario di redazione), come incaricato per le recensioni d’arte di una testata specialistica della Montedison e responsabile della pagina settimanale dedicata al mondo giovanile di un quotidiano nazionale. Ha vinto il premio giornalistico Viareggio e numerosi premi letterari. Ha scritto in coppia con Daniela Monreale il libro Corpo a Corpo, edito da LietoColle, e ha fatto parte della redazione della rivista bolognese Le Voci della Luna, di cui è stato per quindici anni direttore responsabile e direttore editoriale per le omonime edizioni di poesia, oggi Dot.com Press.

10 commenti su “Fabrizio Bianchi. Poesie.

  1. Fabrizio Bianchi
    01/05/2018

    Ringrazio molto Christian Tito. Anche per il coraggio di mettere a dura prova i suoi lettori con un eccesso di lavoro proprio il Primo Maggio

    Piace a 4 people

  2. anila resuli
    01/05/2018

    Una poesia netta, efficace. Ogni dettaglio è misurato. Adoro le immagini ed il raccontare fermo, senza troppo cuore, senza troppa testa, tutto nel giusto ed il giusto. Adoro questo tipo di poesia. Complimenti a Fabrizio, che si legge poco online, ma merita.
    Grazie per aver condiviso.
    Buon 1° Maggio a tutti!
    Anila

    Piace a 3 people

  3. paraboschi luigi
    01/05/2018

    poesie vere, piene di vita e di vitalità incessante che parte da ricordi lontani nel tempo per culminare nell’ultimo di quel ballo ove la descrizione dei gesti compiuti è talmente viva da far risvegliare anche in chi non ha più l’età ricordi analoghi. complimenti

    Piace a 1 persona

  4. iole
    01/05/2018

    Oh! Mi ero dimenticata di quanto potente fosse la poesia di Fabrizio! Taglia a fette sottili il pulsare piú segreto, e te lo pone lì, sotto al naso, perché tu possa fare a fettine – attraverso il poeta – te stesso. E, si, a sovrapporre l’immagine – la persona – di Fabrizio con la sua poesia, sembra uscirne una figura ben diversa. O forse no. Proprio la sua pacatezza, l’attenzione, la misurata parola gli permettono di spalancare e spalancarsi, così che tutto sia [definitivamente] chiaro.

    Bravissimo!

    Ma il suo di libro, quando lo fa???

    Piace a 2 people

  5. iole
    01/05/2018

    E aggiungo che Fabrizio ha una poesia così moderna e libera e follemente innamorata e innamorante da aver voglia di perderci la testa!

    Piace a 2 people

  6. francescotomada
    03/05/2018

    Mi riesce difficile, per motivi personali di affetto e riconoscenza, dire qualcosa sulla poesia di Fabrizio. Però voglio spendere una parola sulla persona, su cui questi testi aprono uno squarcio: un uomo innamorato della poesia al punto da rinunciare quasi del tutto ad ogni forma di visibilità personale – eppure ne avrebbe tutti i mezzi e i motivi – per portare avanti quella che, più che una passione, sia per lui una fede. Allora mi fa ancora più piacere leggerlo qui, e poter restituire una minima parte di quanto in molti gli dobbiamo.

    Francesco

    Piace a 5 people

  7. ninoiacovella
    04/05/2018

    Perigeionismo allo stato puro in questi testi, no? 🙂
    Grazie a Christian per questo scouting più che necessario.
    Nino

    Piace a 2 people

  8. vengodalmare
    05/05/2018

    Ci vuole una grande bravura a scrivere in quel modo, i miei complimenti. E fa uno strano effetto vedere come la poesia “sporcata” diventa più poetica di se stessa!!
    Grazie, Christian, per la bella scoperta e per le potenti e vibranti emozioni provate leggendo questi versi.

    Piace a 2 people

  9. Pingback: Gioielli Rubati 72: Raffaele Delle Femine – Fabrizio Bianchi – Franco Bonvini – Loredana Semantica – Rita Pacilio – Massimo Caccia – Nadia Alberici – Gian Ruggero Manzoni. | almerighi

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Questa voce è stata pubblicata il 01/05/2018 da in poesia italiana con tag .
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