Abbiamo da poco tempo incontrato i versi tratti da Una (Ladolfi) di Maddalena Bertolini su queste pagine. L’occasione per ritornarci così presto è data dalla recente pubblicazione per Puntoacapo di Corpus Homini, la sua nuova raccolta, che prosegue e delinea in modo ancora più netto il suo percorso fatto di una fisicità profonda della parola, di scarti, allusioni improvvise e imprevedibili, talora spietate, dolcissime o urticanti. Se alcuni dei temi di Corpus Homini sono la naturale continuazione di quelli presenti in Una, nella prima parte del libro spicca una serie di poesie che allargano l’orizzonte verso l’attualità: a queste è dedicata la selezione che segue, in modo tale da permettere di conoscere un altro aspetto della multiforme e vivissima scrittura di Maddalena Bertolini.
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11 luglio ’95
hanno vent’anni i ragazzi di Srebrenica
piantati dai soldati nella pancia fresca
delle vedove, quelli scampati almeno
agli aborti. Quelli che tornano a cercare
i corpi dei padri mitragliati, quei figli senza nome
degli assassini. I misteri degli odi umani
gridano ancora amore sulle fosse
l’amore comune e il pane della carne.
I campi di luglio sono teneri di grano
hanno papaveri rossi come i cuori con dentro
erbacce velenose e tristi; portano tutto
allo stesso modo e gli occhi vedono la pioggia
coprire la terra e l’asfalto. Dall’alto, sì,
si desidera altro
*
Gaza
il sole benda le colline curve come
culle o come tumuli, le sirene cantano:
l’uomo sottoterra germina o muore.
L’amore diventa una radice spunta
fuori con le mani alzate e dice
sono un cane fedele, un pastore bastardo
pronto a tutto per difendere
l’ovile e le sue pecore di colline.
Un katyusha ferisce il tramonto
il territorio del giorno finisce nel sangue
resta il rimpianto della festa
che siano fuochi artificiali
o spari lo decidiamo noi
*
Mosul
abbiamo lanciato latte e coperte
sui monti del Sinjar
come petali di rose a una festa funebre
in onore dei figli Yazìdi
seppelliti senza lasciare vergini.
Le parole piene di bombe
non tolgono le grate ai vestiti le catene
nei mercati umani gli atti impuri
contro i nazareni coi muri tatuati
dai profeti: hanno divelto la casata di Ninive
col piede di porco (e dio lo prendono per nome)
*
ti ho perso e con te ho perduto
ogni rabbia e vittoria, sono un’asta
senza bandiera neanche un drappo
per coprirmi la faccia o una tunica sporca:
mi tengo ben lontano dalla tua pelle amore
chiuso dentro al televisore appoggiato
al bordo di un fotoreporter corpo
da campo profugo. Morto.
Ho perso il grilletto della mia ugola
e dormo di malavoglia
perché il sogno è rimasto l’unico posto
in cui ti ascolto
*
do you speak english? hai la camicia
pulita e bucata lampi di pelle morbida
un metro e ottanta di splendore potresti
sedurmi su due piedi in mezzo alla strada
e ti metti a piangere. Piangi mia
meraviglia figlio d’Africa e di chi
è certo più bella di me. Dici
di non avere una casa. Di non sapere
dove andare. A malapena posso
darti i soldi per il treno. Il ticket prepotente
del presente; tenero agnello nero
tienilo, oh my God, che non diventi lupo
*
foreign fighters
ho bisogno delle tue esplosioni
se non lo farai tu lo farò io
il motivo non vale il rumore
della gente che muore: fattene
una ragione, quella che non mi hai dato.
Armato come un lupo brancolo e mordo. Esplodo.
Superbo, come il primo scoppio del mondo
sono l’inizio del dio nuovo il ritorno
del fuoco. Io brucio tu stai
a guardare, sai sono scappato perché
non mi hai tenuto stretto a te
***