perìgeion

un atto di poesia

Mimì Burzo, Malbasento

a cura di Roberto R. Corsi

Poche poesie («estensioni poetiche») scritte quasi interamente in quest’ultimo triennio. Distillate dalla loro A. e, da poco, proposte in un pdf libero. La voce di Mimì Burzo mi sta a cuore perché, ora con un registro delicato e intimista ora con risentimento incontrollato, rappresenta una campana differente rispetto alla imperante “paesologia” che forse, almeno rispetto ai suoi esordi, ha sortito l’effetto preterintenzionale di spargere una tinta romantico-bucolica, di “scena campestre”, sulle complesse e a volte tragiche realtà dell’Italia meridionale non urbanizzata.

Le profonde ferite della Val Basento, dovute a decenni di politiche industriali oltraggiose per l’ambiente, sono ancora oggi aperte. Gli effetti sono terribili, probabilmente irreversibili, sul territorio e sulla popolazione. Mentre i procedimenti di bonifica, già previsti per decreto nel ’98, si trascinano tra annose vicende attuative (cfr. in ultimo qui), più in generale «tutti stanno zitti», mi scrive Mimì, «poeti compresi». E indagando in rete è in effetti assai più naturale imbattersi in una recensione entusiasta per quelli che sono i giusti vanti della zona (come per esempio il rione Dirupo di Pisticci, una delle Cento meraviglie d’Italia), piuttosto che nelle analisi ambientali indipendenti che ancora nel 2013 mostrano preoccupanti tassi tossicologici, decuplicati o centuplicati rispetto alle soglie massime.

Pure, in questa raccolta – divisa in versi concisi oppure lunghissimi, oltre il rigo a4 – sole e terra ammalati fanno il loro ingresso in punta di piedi, il veleno s’infiltra gradualmente; sulle prime l’A. preferisce soffermarsi sul miracolo della luce sulla sua terra, poi incidentalmente sul proprio vissuto personale. Vissuto di donna forse non estranea all’emorragia di persone dalla “Terra madre”, eppure pertinace nel tornare e restare; paradigmatico il riferimento alla lastra tombale di Carlo Levi, il quale riposa ad Aliano proprio per onorare la promessa di far ritorno.
Emergono le prime Erinni diffuse: la fame, l’impossibilità temperamentale della ribellione collettiva (Una macchia d’olio sul cuore di Gesù). Infine, l’evidenza dello scempio, presentata ai sensi nella puzza chilometrica delle incessanti autocisterne, origina una reazione che dalla rabbia già (Frana – ci si sente emarginati e dunque potenziali eversori, antropologici terroristi) si trasforma in quasi impazzimento («abbracciare il proprio cavallo di notte» credo possa essere un riferimento nietzschiano) e poi in resa, ricerca del silenzio. «Gli occhi, soglia fra l’umano e l’inumano, sul fermo immagine, sul movimento del cielo, sull’impercettibile, sull’assioma che diventa concretezza nella terra che ributta, veleni e silenzi». Nella terra che ributta e che «combatte da sola», fors’anche mediante ritorsione sul suo umano carnefice.

***

Discrasia dell’attenzione

Udire senza tremare
se non un po’
quel tanto dal vuoto
quel tanto dall’urto
quel tanto dall’acqua
Sotto il cielo dei falchi
la terra sublima, l’argilla è crepata, la terra è capace
Sotto l’ombra dei falchi
Udire senza tremare
soltanto un po’
quel tanto almeno
per non spezzare la punta alle matite.

*

Valbasento

Le cisterne arrivano una ogni due minuti.
In quattro minuti due vanno e due vengono.
Nessun codice. Nessun riconoscimento.
Su cinque, una con una A – rilasciava puzza per circa ottocento metri
nauseante e pervicace in questa cartolina imbevuta, una morte certa contro una vita altrettanto certa
la luce – questa luce – non è contaminabile.
Le piante, per ora, continuano a crescere rigogliose ostinate variegate, caotiche
con il vento, libero fra le colline larghe e basse con rare impuntature verso l’alto,
si dipinge e si ridipinge ad ogni batter di ciglio.
Percezioni sensibili e deframmentazioni di eloquente bellezza.
La sfumatura del vento attraverso il taglio del tiglio alla luce del vespro
oggi che è più freddo e più veloce del solito
invisibile all’occhio che non vuol vedere – come l’inquinamento.
E nulla è più sicuro di questo pezzo di Storia che si consuma davanti e intorno a me e al vento.
E stiamo così loquaci senza parole, furiosi senza colpire, liberi al conspetto dell’anarchia – la terra
vince di grondante di bellezza – nel pieno della contraddizione e dello sfacelo.

*

da Una mattina

E ora piove.
Che sia benedetta la pioggia dopo mesi di deserto,
di dighe prosciugate e disossate,
di contadini con il capo fra le mani disperati.
Che sia maledetta la pioggia che spacca la terra, apre le falde e l’inquinamento si espande.
Qui sotto i miei piedi dove il pianto delle autocisterne non si ferma mai.

***

[Mimì BURZO, Malbasento, 2018, pdf autoprodotto liberamente disponibile sul sito dell’A.
La foto mi è stata gentilmente inviata dall’A. ed è di Sua proprietà.]

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Informazioni su Roberto R. Corsi

La mia raccolta a stampa più recente è intitolata "La perdita e il perdono" (Pietre Vive, 2020). Miei scritti letterari e critici sono comparsi in antologie, libri d'arte, riviste cartacee, portali web. Dal 2016 al 2020 conredattore del lit-blog Perìgeion. Oltre ai recapiti della mia pagina gravatar, mi trovi come @rrcorsi su Instagram / Telegram / Medium

6 commenti su “Mimì Burzo, Malbasento

  1. francescotomada
    10/06/2018

    Una scrittura bellissima.
    Anche perchè racchiude in sè il motivo stesso dello scrivere: dire, raccontare quello che rischia di passare inosservato per consuetudine.

    Francesco t

    Piace a 2 people

  2. ninoiacovella
    10/06/2018

    Queste poesie hanno conquistato anche me.
    Grazie. Nino

    Piace a 1 persona

  3. cronologiadassenza
    11/06/2018

    Grazie a tutti ragazzi! A Roberto per la sua precisa attenzione 🦋🦋🦋🦋

    Piace a 2 people

  4. cronologiadassenza
    12/06/2018

    L’ha ribloggato su Cronologia d'assenza.

    "Mi piace"

  5. Pingback: L’invisibile è visibile agli occhi – 4 chiacchiere con Mimì Burzo | Dead Skyline

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Questa voce è stata pubblicata il 10/06/2018 da in letteratura italiana, poesia con tag , , .
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