perìgeion

un atto di poesia

Maria Borio, cinque poesie da “Trasparenza”

trasparenza-434731a cura di Giorgio Galli

Con Trasparenza, che si può considerare la sua raccolta d’esordio, Maria Borio risponde a un’urgenza poetica che assegna alla forma il ruolo fondamentale di contornare l’esperienza in un momento di profonda confusione storica e culturale. Come ella stessa scrive nella Nota al testo conclusiva, «il trasparente è la sintesi, il puro e l’impuro sono la tesi e l’antitesi. La sintesi del mondo digitale è il grande vetro attraverso cui traspaiono il puro e l’impuro mescolati, l’umano e il non umano, la velocità e la prospettiva. L’uno altro limite dell’altro». Ecco quindi che in poche parole un intero universo significante è delineato: la trasparenza è frutto di una lotta tra elementi spuri, lotta la cui soluzione può essere solo apparente. E’ ciò che avviene nel mondo digitale, con i suoi schermi apparentemente trasparenti e in realtà pieni di sottili congegni, e con le sue identità liquefatte nell’indifferenziato rumore della parola in rete. La poesia si assume il compito di restituire forma a ciò che rischia di diventare informe, di ridare concretezza a ciò che rischia di dissolversi in un confuso baluginare di pixel laddove prima era ordinata struttura di atomi. Nomi di figure geometriche o di parti di esse, nomi di parti del corpo, e un costante esercizio critico –già esercitato altrove da Maria, critica e studiosa prima che poetessa- sono i segnali di questa esigenza tutta contemporanea, ma consustanziale da sempre al far poesia. La poesia di Maria ha un carattere marcatamente orizzontale, rifugge picchi espressivi e voli lirici, elude ogni facile verticalità, e si consegna al lettore consapevole come un esercizio di veglia attuato in vista del sonno della ragione, come un tentativo di contrapporre l’essenziale all’inessenziale prima che cadano entrambi nell’indifferenziato. Ed essenziali, sembra dirci Maria, sono due cose: la forma dell’esperienza e i rapporti umani quando assumono la forma dell’incontro e della conoscenza.

***

Da Trasparenza (interlinea, 2019)

Come si forma la neve come si forma il vetro
come la differenza di temperatura
tra qui e fuori diventa una famiglia,
il vetro mastica, il fuoco mastica
il fumo arriva dalle case calde
dal cemento o dagli uccelli neri.

Dietro alle grate di ferro ci sono i vetri opachi,
dietro i vetri c’era il magazzino,
c’è una scuola con i bambini del paese,
c’eri tu a trovare nell’erba sotto le finestre,
ci sei tu ascoltandoli adesso
una mamma che fa ripartire
gli uccelli neri da un palmo.

Eppure vorresti dargli quello che dà un padre,
il padre concentrato a difendere
e aumentare, conoscere l’archivio.
La tradizione è una strana orma
che il centro del corpo lascia all’atmosfera
con un’idea inverosimile
perché contava l’erba e vedeva le grate
per sapere come si tenevano alla terra e al muro.

Molti anni fa eri in mezzo a quei bambini
e pensavi di non esserlo. Molti anni avanti
ti diranno l’opposto e l’identico, come si vede,
come si forma la neve come si forma il vetro,
come accade sempre dentro, nessuno l’aspetta.

 

*

 

Per il momento che separa la notte
restavi allo scoperto nell’erba alta e azzurra.
Gli occhi la scrivevano in qualche spazio
e l’obiettivo della macchina fotografica la catturava
nuda e magra: qualsiasi vita che voglia apparire.

Se scrivi l’istante si distende? Ma la camera
di ciò che scrivi molto lentamente raggiunge
la vita degli altri e questa fotografia come una bocca
vera più del vero già a tutti farebbe chiedere
dove sei, l’ora, perché raccogli
il cielo impallidito fra gambi celesti.

Forse questo ultimo momento d’estate
potrebbe dire se stesso
solo se si riproducesse muovendosi,
se assomigliasse a ciò che in un video
le vite che appaiono vogliono sentire simile…

Gli uomini nel neolitico narravano
con i palmi delle mani sulle pareti della grotta
e le sagome delle mani erano il proteggersi,
la luce che vive. Guarda così le mie lettere.

Attacco le mani al rosa bluastro, alle bocche spinose:
la donna nuda che comprime una migrazione
schiacciando i palmi sulla roccia.
Le vite disarmate continuano la caccia
nella voce registrata, nella foto che cancella
la voce, nelle lettere che cancellano il corpo.

Sei seduta sul muretto di cinta e ascolti
di nuovo il suono del video che scrive
dove sono, l’ora, il perché.
La voce è una donna nuda e fredda
che stampa mani in alto.

 

*

 

Altre parti

Non riposano. Il fascio di luce è calmo.
Guardano le barche come fossero alte sul mare.

Una vita è anche violenza.

La corrente trattiene le barche,
il bordo è come due persone.

Sotto le palme l’aria diventa scura
ma il nero somma tutti i colori.

La vita è anche violenza?

Li hai visti scambiarsi i suoni,
il mare che fa silenzio, i legni
degli scafi, frutti nell’ombra.

Il silenzio era nero e perfetto:
uno dal bordo sul mare si sporge,
l’altro lo trattiene a terra.

 

*

 

like vicious music that ends
in transparent accords

Wallace Stevens

Oggi credi che esista una temperatura trasparente
– senza case, rifugi, gusci di latta
la pelle nuda. Non hai capelli, peli, unghie,
sei un foglio lucente, in sospensione, una sfera,
un foglio – le notizie in tutte le lingue
immediate nella camera del suono.

Oggi credi che esista una luce perfetta,
trasparente – e dentro
una seconda volta
tutto ciò che vive può sempre
una seconda volta
pensando vivere?

 

*

 

Silenzio: con quale altra parola vuoi raggiungermi?

Al limite dell’aeroporto l’atmosfera è tutto
chiude i nostri mondi in un’ascissa che scende a terra
senza toccarla, porta il peso di tutto.

Con quale altra parola vuoi toccarmi?

Il sudore è l’unico segno dalla carne al plexiglass
dal plexiglass al vento dell’hangar.
Diventa nodi trasparenti
forme di cristallo tremano sotto le ali.

Con quale altra parola cerchiamo di vivere per sempre?

La stella vecchia mangiava la giovane ma poi è morta
e cadendo è diventata una scia senza colpa.

Appoggiamo la testa al finestrino, perdiamo l’intimità.
Solo schegge fluorescenti dall’orizzonte al cervello.

E allora toccami silenzio, fammi male.

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Informazioni su Giorgio Galli

Giorgio Galli è nato a Pescara nel 1980 e si è laureato in Scienze della Comunicazione a Siena. Vive a Roma dove per due anni ha gestito una libreria indipendente. Ha pubblicato "La parte muta del canto" (Joker, 2016), ritratti biografici di grandi musicisti del passato; "Le morti felici" (Il Canneto, 2018) e “Le voci sopravvissute” (Gattomerlino, 2020), piccole collezioni di brevi prose poetico-narrative; il racconto lungo “Il matto di Leningrado” (Gattomerlino, 2021) e la raccolta di poesie "Canzonacce" (Delta3, 2021).

3 commenti su “Maria Borio, cinque poesie da “Trasparenza”

  1. marforioarsenio
    21/05/2019

    Questi testi passano come luce attraverso un diaframma e restano come immagini sulla pellicola (guarda il caso) inizialmente trasparente se mi si passa l’analogia a una macchina fotografica vecchia maniera

    "Mi piace"

  2. Gianni
    17/09/2021

    "Mi piace"

  3. Grozio
    21/09/2021

    Come molti altri giovani poeti contemporanei, anche Maria Borio sceglie di giocare a disorientare di continuo il lettore, abbracciando un’oscurità estrema, vicine alla totale indecifrabilità.
    Difficile arrivare a tracciare un percorso di senso davanti a versi quali: “come la differenza di temperatura / tra qui e fuori diventa una famiglia, / il vetro mastica, il fuoco mastica”.
    Alla fine sorge un dubbio: che questa poesia sia nient’altro che un bluff.

    "Mi piace"

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Questa voce è stata pubblicata il 20/05/2019 da in letteratura italiana, poesia con tag , .
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