a cura di Giorgio Galli
Forse il caso più sconcertante di enfant prodige. Così integralista da rifiutare di vivere l’età adulta. “Tutto quello che dovevo, l’ho detto da bambina nelle mie poesie. Non c’era bisogno che divenissi donna”, scrisse Nika Turbina nei suoi diari. E infatti non restò donna a lungo. Yalta, 1974 – Mosca, 2002: questi gli estremi cronologici della sua fulminea esistenza, conclusa con un volo dal quinto piano. Ventisette anni. La nota biografica che chiude questa miniantologia fa sapere che “I primi componimenti di Nika risalgono all’età di quattro anni, dettati di notte alla mamma. Raggiunge l’apice della notorietà all’inizio della vita, quando a soli sette anni i suoi versi appaiono su un quotidiano nazionale, grazie all’interessamento dello scrittore già affermato Julian Semenov. Nel giro di un anno la sua prima raccolta, Quaderno di appunti, viene pubblicata a Mosca, con prefazione di Evgenij Evtušenko. In occasione del festival internazionale di poesia ‘Poeti e pianeta Terra’ tenutosi in Italia, nel maggio del 1985 le viene conferito il Leone d’oro di Venezia. Prima di lei, solo un altro poeta russo è stato insignito dello stesso riconoscimento: Anna Achmatova”.
Anche Turbina ha lasciato un ricordo dei quei suoi precoci esordi: “Ho iniziato componendo versi ad alta voce quando avevo tre anni. Picchiavo i pugni sul pianoforte e componevo. Le poesie venivano come qualcosa di incredibile, che ti raggiunge, poi ti lascia”. E ancora: “Quando scrivo, ho l’impressione che una persona possa fare tutto ciò che vuole. Ci sono così tante parole dentro da smarrirsi”.
Dopo il 1991, Nika si allontanerà progressivamente dalla poesia. Studierà regia, reciterà, diverrà moglie, ma trascorrerà l’ultimo decennio di vita lontana dall’attenzione pubblica, lontana dalla letteratura.
Il bambino e l’adolescente sperimentano un’identificazione tragica con la vita che li fa essere naturalmente poeti. Dal loro sentire scaturiscono senza troppa difficoltà combinazioni di parole nuove, visioni insolite. Da adulti, però, se si vuol fare poesia, si deve leggere, se ne debbono imparare gli strumenti, e non tutti hanno le spalle abbastanza larghe da mettersi a fare gli allievi da grandi, dopo essere stati, da piccoli, dei maestri. Nika Turbina però è stata un caso diverso. Le sue doti non erano solo immaginative e verbali. Sembrava che quella bambina fosse venuta al mondo con una sensibilità già adulta, con una consapevolezza e un dolore già adulti. Solo l’intensità era infantile. La dichiarazione riportata all’inizio suggerisce che, spenta l’intensità, le sia rimasto, forte, il dolore, e che l’abbia sopraffatta. Eppure, a modo suo, questa creatura sfortunata è riuscita a imprimere il suo nome nella storia della letteratura russa, e a rendere vera un’altra sua frase: “Una persona deve capire che la vita non è lunga. E se dà valore alla propria vita, allora questa vita sarà lunga e, se davvero lo merita, sarà eterna, persino dopo la morte”.
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Sono pesi queste mie poesie,
pietre spinte lungo una salita.
Le porterò stremata
allo strapiombo.
Poi cadrò, viso nell’erba,
non avrò lacrime abbastanza.
Smembrerò la strofa
scoppierà in singhiozzi il verso
e si pianterà nel palmo
con dolore anche l’ortica.
L’amarezza di quel giorno
tutta trasmuterà in parola.
[1981]
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Chi sono io?
Di chi gli occhi quando guardo nel mondo?
Di amici, familiari, belve, alberi ed uccelli?
Di chi le labbra per bere rugiada
dalla foglia caduta sulla strada?
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Di chi le braccia per stringere
il mondo, così fragile, indifeso?
La voce è persa in quella di tormente,
campi, diluvi, boschi e notte.
*
Chi sono, in tutto questo, io?
Dove cercare in me?
E come dar risposta a tutte
queste voci, alla natura?
[1982]
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Tutte le lettere di questo appunto
preso in fretta che è la mia vita
sono stelle sparse.
Tutti i giorni scuri che mi aspettano
già fissati innanzi, ora.
Tutti i miei successi, i fallimenti
stanno lì, ciascuno un grido
che uno sparo sfiora.
[1983]
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Bambola
Io sono una bambola rotta.
Si sono scordati di mettermi
un cuore nel petto.
E al buio, in un angolo, inutile,
abbandonata.
E come una bambola rotta
al mattino ho ascoltato
i bisbigli di un sogno:
“Dormi, tesoro, dormi
e voleranno gli anni
e al tuo risveglio
di nuovo vorranno
prenderti in braccio
cullarti per gioco,
e troverà il suo battito
il cuore”.
E’ solo tremendo
aspettare.
[1983]
*
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Son fiaccati i venti freddi.
Hanno messo Cristo in una croce nel cortile.
Van qua e là come cinghiali, i bambini
sopra un’erba secca che non è la loro terra.
*
Scopa uno spazzino i marciapiedi.
Non c’è più luce nella lampada da notte.
Il sangue perso alla memoria, a gocce,
non ha più da tempo alcun colore.
*
*
*
Scricchiola qualcosa in questo mondo finto.
La vita scivola rapida nei tubi.
… Come un rivoletto d’acqua, esagerando,
cade dal balcone
vanta d’aver fatto lui da testimone
alla storia della “Creazione”…
Uno, di passaggio, dà un mano:
giunto a caso ha letto versi
dedicati a me,
pensieri arditi chiusi nelle rime,
sfiorando appena le parole,
dunque?, ha ragionato audace, con intelligenza sulla vita
nel subbuglio di profondi inchini familiari.
Ha tracciato a un vetro di finestra
il mio destino,
un guazzo di colori,
che si lava via con lacrime di sale.
Ho rimescolato anch’io
la vita lungo i tubi,
affrettandomi in un rivoletto d’acqua.
*
(Da Nika Turbina, Sono pesi queste mie poesie, cura e traduzione di Federico Federici, Via del Vento edizioni, 2008)
Grazie della riproposta, Giorgio, di una poesia ancora avvolta nel mistero del suo accadere.
Ecco il link ad un post del 2017 sulla mia rubrica Poesia condivisa, con poesie gentilmente concessemi dal curatore Federico Federici e un denso commento di Franco Intini che scandaglia la prodigiosa psicologia della poetessa.
http://www.poesia2punto0.com/2017/01/22/poesia-condivisa-2-n-18-nika-turbina/
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Una stella di rara intensità di cui il destino, quasi sempre, ne fa scempio.
Una gran bella scoperta. Grazie Giorgio.
Nino
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Qui il link a diversi materiali (traduzioni, articoli ec..) riguardanti Nika Turbina costantemente aggiornati: https://leserpent.wordpress.com/category/nika-turbina/
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