di Nino Iacovella
La regola dell’orizzonte, ultima opera di Alessandra Paganardi, esce dopo ben sei anni da La pazienza dell’inverno. E non è una discontinuità temporale casuale. Alessandra Paganardi è un’autrice che si contraddistingue per una propria coerente e lineare poetica mai tradita nel corso del tempo, e per questo, l’unica discontinuità possibile all’interno di una sua opera, non poteva essere che il tempo di realizzazione della stessa. L’attesa per osare a scrivere il proprio libro migliore. Qui l’esito ha dato ragione all’autrice: La regola dell’orizzonte appaga il lettore non solo per la significativa presenza di molte poesie “riuscite”, ma anche per la grande eleganza formale espressiva di fondo della raccolta.
La poesia di Alessandra Paganardi risalta per l’equilibrio delle sue componenti sonore, di immagini e significato. Per la bellezza dell’uso dello scarto semantico. Ho sempre immaginato il testo della Paganardi come qualcosa di molto vicino alla scultura: grande lavoro di levigatura, massima lucentezza e armonia della parola. Non a caso uno dei suoi testi più belli in assoluto è dedicato alla Pietà Rondanini.
Nell’universo “paganardiano” risalta la titolatura delle sezioni: Mare apparente, Monogramma, Il codice del vetro, Il peso del vento, Il resto della vita. Sono per lo più accostamenti di due parole (nel caso di Monogramma invece delle due parole ci sono comunque due immagini sovrapposte che derivano dal significato della parola) che hanno l’intenzione di voler restituire una leggerezza all’inquietudine del poeta, lasciando sempre aperta la porta dell’ambivalenza: il mare apparente è così un mare che può essere scorto in lontananza, ma anche qualcosa che sembra “essere mare” (bellissima la poesia di esergo di Celan a riguardo); Il codice del vetro così ci dice che tutto è visibile attraverso di esso, ma c’è comunque qualcosa che ci separa e così via.
È un libro dove la ricerca interiore, il giusto dosaggio tra interno-esterno, (la regole dell’orizzonte appunto, ossia quanto cielo e quanta terra dovrà essere dosata all’interno della propria vita, così come in una poesia), è il motivo conduttore tra le sezioni.
Rispetto alle altre opere, sui temi dell’amore e dell’ineluttabile senso del tempo che tutto cancella delle nostre impronte nel mondo, questa volta è ancor più rimarcata l’osmosi tra poeta e poesia, carne e parola. Un libro che fonde con equilibrio la tradizione lirica e l’attuale immaginifico contemporaneo dell’autrice. Un libro che invito senza ombra di dubbio a leggere.
La regola dell’orizzonte, Puntoeacapo Editrice, Pasturana (Al), 2019
Bisognerà fare a meno
di questo non inverno
del sole strano che va per il mondo
invece di parole
senza il freddo a scrollare le vene
ti dimentichi in tasca le mani
le ritrovi in un pugno
è perdere due volte
sapere che finisce
ciò che non è mai stato
***
Il ponte consumava la spiaggia
in un’invidia di cemento
non ti aspettavi una città così vicina
vinta da odori senza più pudore
– un mare che sparisce nei cortili
fritture clandestine –
sotto avari balconi
strisciavi nei corridoi
d’evaporato piscio sulle scale
non tornerò – dicevi –
la bellezza ti ha tagliato via
sei rimasto per sempre
***
Andarsene nel mezzo della festa
stupire come un grande arcobaleno
i bicchieri a mezz’aria le labbra felici
che non stanno più attaccate al viso
strisciare fra due fuochi d’artificio
in quell’istante di buio e di silenzio
ancora da scoppiare
farsi quieti come ladri
come quel buio e quel silenzio
vivi soltanto per un attimo
gravidi d’abbaglio e di furore
prima di ritornare invisibili
***
Avere stretta in gola una poesia
e non scriverla ancora
aspettarla come sulla spiaggia
fanno le donne con i pescatori
guardarla che s’impasta dietro gli occhi
in un lago di luce e di vene
la nota assurda di carne e d’azzurro
conficcata come rupe nel mare
con la pazienza morbida
di un plenilunio senza calendario
salutarla se passa per tornare
***
Non dire mai grazie alla luce
ai titoli di coda della sera
che sanno il tempo giusto in cui finire
agli odori fuggiti dai muri
caldi di zucchero filato
sui fianchi morbidi di una domenica
sii grato all’ombra
alle sue vene richiuse
nella moviola di uno schiaffo
al punto orfano prima di Euclide
la paura ricordala
come un refuso prima del saluto
quando aspetti la pioggia
sii grato al cielo sceso nelle fogne
metti una firma senza sbavature
su questo errore a termine
che ti ha fatto vivo
Alessandra Paganardi (Milano 1963) ha fatto parte della redazione della Mosca di Milano ed è nella redazione di Gradiva, nella giuria del premio omonimo e in quella del premio Gozzano. Ha pubblicato in poesia: La pazienza dell’inverno, puntoacapo editrice, 2013 (premio Operauno 2014), Tempo reale, Joker 2008 (premio San Domenichino 2009); Ospite che verrai, Joker 2005, 2007. Ha pubblicato la raccolta di saggi Lo sguardo dello stupore: lettura di cinque poeti contemporanei, Viennepierre 2005 (finalista al premio Nabokov 2008), la raccolta aforistica Breviario, Joker 2012, ed è stata inserita nelle antologie The New Italian Aphorists (a cura di Fabrizio Caramagna, USA 2013) e Aforismi al femminile (a cura di Amedeo Ansaldi, puntoacapo, 2017).
Per la narrativa ha vinto il premio Gozzano per l’inedito nel 2007 ed è inserita nell’antologia Milano per le strade, Azimut, Roma 2009, con il racconto La magnolia contro le persiane. Sulla rivista “La mosca” di Milano (anno XIV, n. 24, giugno 2011) e sul sito La foce e la sorgente compaiono traduzioni, a cura dell’autrice, da testi di Wallace Stevens, André Breton, Ted Hughes.
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