Pubblichiamo con piacere un manipolo di testi tratti dalla prossima raccolta di Marco Bellini, La complicità del plurale, in uscita a breve per Lietocolle.
Grazie all’autore per averceli concessi.
E buona lettura a voi.
*
Scegliere la bontà e l’accortezza
di appuntarsi la morte
all’inizio della vita (portiamo al polso
il conto alla rovescia da compiere).
Segnarla sopra un foglio piegato
tenerlo con noi nel portafoglio
sopportare la temperatura dell’energia
consumarla fino alla sorpresa, nudi
del vento che sfoglia.
*
A ogni figlio messo qui certo
parlare, dire delle persone
che sono state terra e pane.
Certo, mettere un appunto
nella memoria di chi viene dopo
così che un’orma piccola
trovi casa
dentro un’orma grande.
Mentre i vetri portavano sul letto il rumore sbattuto
e graffi luminosi alla carne rimasta
ti sentimmo dire: “vorrei morire così,
dentro un temporale, nel vento e il buio vibrato”.
L’energia liberata volevi mostrasse
la collina di spalle, il taglio scavato
nel tronco messo lì capace di portare su,
la forma concava di un abbraccio, ultimo
a stropicciare i soprammobili, l’inclinazione
imprevista di un quadro. E la finestra in mezzo
decideva dosi minime di mondo per te
frammenti, a piccoli strappi, per occhi
e palpebre lente a lasciar entrare.
Come una premonizione sfuggita, non si capiva
se stanza e morte già si parlassero.
*
Tu nella stanza vicina ancora non riposi.
Io in cucina. Il libro è lì sul tavolo.
A distanza esito.
Aprirlo, entrarci dentro meglio di no
che poi magari ti piace
e il dolore potrebbe distrarsi.
*
Ci sarei io dentro se ancora tu avessi
la sorpresa di una giornata, una sola
se ancora potessi il respiro per poco?
Anche una telefonata basterebbe
ricordare il mio numero
ci sarei io dentro la risposta
e rispondere sarebbe
un verbo buono per l’occasione.
*
È tutto nelle cose che prima
ti avevano; il pennello da barba riposto
lo cerco come un’eredità. Sei andato
si capisce
perché il cane ha smesso di aspettare.
Ma come spiegare
che io non sono un cane.
Anche l’odore
si è perso dalle maniglie toccate.
Da tempo non sono
i capelli sul pettine ma gli aghi di pino
tra il marmo e la ghiaia.
***
Bella lettura, complimenti all’autore. L’ultima poesia un colpo al cuore.
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Marco Bellini ci offre versi intensi, che puntano all’essenziale come unica strada possibile per parlare della perdita, del ricongiungimento impossibile se non con il tramite della parola che raccorda, si incunea fra “marmo e ghiaia” per restituire “un verbo buono ” che possa ancora farsi dono, “orma” – termine a lui molto caro.
Gli auguriamo massimo successo per la sua nuova pubblicazione, quello che la sua poesia merita.
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Ringrazio la redazione per avermi ospitato in questo spazio e ringrazio anche gli amici che hanno scelto di lasciare un commento sulla mia scrittura.
Marco Bellini
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Bentornato Marco con i tuoi testi
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Ringrazio la redazione per l’ospitalità e gli amici per i commenti.
Marco Bellini
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