(foto di Jurij Vižintin)
Ko slišim tvoj glas, Jure,
se živo spomnim,
kako si skakal pri Brejcih.
Plesala sva v norem transu,
verjetno malce pijana, še verietneje,
da ne. Bila je ena tistih noči
z začetka življenja dveh avtsajderjev,
čeprav sva že globoko zagazila
v džunglo poezije.
Zavistno in poželjivo so naju opazovali
iz naslonjačev ob stenah.
Ampak tega smo se takrat zavedali
samo na pol,
strast, ki se je razdivjala, je
šele pozneje vse temeljito zapletla.
Zdaj so večinoma že vsi pokojni,
midva pa še vedno divje skačeva,
dolgolasa, shujšana favna
z zeleno krono listja
in zlomljeno vejico fikusa
na glavi,
in je smrt daleč
onkraj roba
sveta.
Quando ascolto la tua voce, Jure,
mi torna vivo in mente
come saltavi dai Brejc.
Ballavamo in una folle estasi,
probabilmente un po’ ubriachi, ancor più facile
che non lo fossimo. Era una di quelle notti
da inizio vita di due outsider,
anche se ci eravamo già profondamente persi
nella giungla della poesia.
Con invidia e brama ci osservavano
dalle poltrone appoggiate alle pareti.
Ma di questo allora ce ne rendevamo conto
solo a metà,
la passione che prorompeva
solo più tardi ha complicato radicalmente tutto.
Ora sono in gran parte tutti morti,
noi due invece continuiamo come pazzi a saltare,
con i capelli lunghi, una fauna macilenta
con una corona verde di foglie
e un rametto spezzato di fico
in testa,
e la morte è lontana
al di là del limite
del mondo.
***
smreke
in kostanji
v temi, komaj opazne silhuete
na robu temnega neba,
v gluhi tišini tisočerih molčečih
živali in tistih,
ki se oglasijo
s presunljivim zavijanjem volka,
ki gleda v zvezdno nebo.
abeti
e castagni
nel buio, appena visibili contorni
ai bordi del cielo oscuro,
nel sordo silenzio di migliaia
di animali silenti e di quelli
che si fanno sentire
con la folgorante deviazione del lupo
che guarda il cielo stellato.
***
To je najtežja pesem v knjigi
ker govori o minljivosti
o ljubeči čuječnosti do drugih bitij
in ustvarjalnem nemiru,
ki nikoli ne umre.
Iz dneva v dan
v srcih
klijejo stavki
iz vesolja
še pred našim rojstvom in
po naši smrti.
Mi, ki smo nič,
mi, ki smo živi.
Questa è la poesia più difficile del libro
perché parla della fugacità
dell’amorevole consapevolezza verso altri esseri
e dell’inquietudine creativa
che mai muore.
Di giorno in giorno
nei cuori
germogliano frasi
dallo spazio
ancor prima della nostra nascita e
dopo la nostra morte.
Noi, che siamo nulla,
noi, che siamo vivi.
(traduzioni di Michele Obit, che ringraziamo per il suo lavoro di unione fra lingue e culture)
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Iztok Osojnik (Lubiana, 1951) è un poeta, scrittore, saggista, traduttore e antropologo sloveno. Si è laureato in letteratura comparata, ha proseguito gli studi a Osaka, in Giappone, conseguendo un dottorato in antropologia storica. Dal 1997 al 2004 è stato direttore del festival letterario internazionale Vilenica. Nei suoi più che quaranta anni di attività letteraria ha pubblicato una trentina di opere, comprendenti raccolte poetiche, romanzi e saggi. Le sue poesie sono state tradotte in oltre 25 lingue.
I versi che seguono sono parte di una antologia pubblicata in occasione del premio Velenjica che Osojnik ha ricevuto nel 2018. Le poesie sono dedicate a Jure Detela. Poeta, scrittore e saggista, coetaneo di Osojnik, Detela è scomparso nel 1992. La sua poesia, riflessiva, spesso aforistica, si è in molti casi occupata dei rapporti dell’uomo nei confronti degli animali e della natura, contrassegnando i versi da un segno etico che superava la consueta coscienza ecologica.
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Testi molto belli. Grazie a Michele Obit per queste traduzioni.
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Sono poesie molto belle, e bisogna dire anche che la Slovenia presenta un patrimonio molto ricco per quanto riguarda la poesia.
Ci tengo inoltre a ringraziare Michele Obit per il suo ruolo di ponte fra le culture.
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Splendidi davvero, grazie infinite!
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Autore intenso e particolarmente comunicativo.
Si sente la vivacità nella trasmissione di immagini, di suoni, di reminiscenze.
Mi sento molto vicina al suo stile.
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