Più che una raccolta di poesia, Il passo dell’obbedienza di Laura Corraducci (Moretti&Vitali) rappresenta un insieme di raccolte di poesia: le sezioni del libro, ciascuna estremamente coesa al proprio interno, tracciano le coordinate di una scrittura varia, sicura, ma anche capace come mai in precedenza di muoversi su tematiche e registri stilistici differenti. Questa apparente eterogeneità, però, non deve essere interpretata come un limite, anzi è vero l’esatto contrario, in quanto nel dare corpo e identità a ciascuna sezione l’autrice marchigiana esplora non soltanto le possibilità espressive della lingua poetica, ma – e soprattutto, verrebbe da dire – le prospettive più recondite dell’animo.
Accanto ad alcuni passaggi che forse si legano più direttamente ai lavori precedenti, come ad esempio la leggerezza sospesa de Le vele, se ne trovano altri in cui la poesia si fa concreta, materica: è il caso ad esempio della splendida sezione Il rovescio della luce, i cui vividi colori riportano indietro ai drammi che hanno accompagnato il secondo conflitto mondiale in una sfilata di persone (perché si tratta di persone e non di personaggi) rappresentate in tutta la loro tenace drammaticità.
Allora, senza entrare nel dettaglio di ciascuna delle sezioni, mi pare di poter dire che però esiste un filo comune che le lega tutte assieme, e quel filo corrisponde al concetto di coraggio. Che sia il coraggio della resistenza politica o umana, quello ai limiti della follia di Juana la Loca, quello della Venere senza braccia Simona Atzori, quello rafforzato dalla fede di Maria di Nazareth, esso si concretizza in un’obbedienza che è l’esatto contrario della rassegnazione, in quanto consiste nel seguire una strada, un concetto, un’idea fino alle proprie estreme conseguenze di coerenza. E, in questo, la meravigliosa sezione Il confine. Atto primo che apre il libro rappresenta la scelta di campo dell’autrice stessa che, a livello umano prima ancora che poetico, compie quel passo decisivo e privo della possibilità di un ritorno per provare ad attraversare “la porta stretta del paradiso”.
dalla sezione “Il confine. Atto primo”
la casa che abiti non ti appartiene più
cade polvere dai muri e dagli occhi
sulle favole raccontate ai bambini
eppure vedi sei il solo che ritorna
nei fiori bianchi di questa primavera
per riannodare ogni filo con le mani
a ricordare che il coraggio dell’amore
si nasconde sempre nel timore della resa
*
hanno tirato a sorte la mia gioia
non è un caso sia caduta su di te
sotto un leccio verde di febbraio
la mia ombra ti segue nella luce
la paura alla fine si è assopita
dentro il lento scivolare delle mani
nel respiro che cerca nuovamente
la linea del tuo mento per morire
*
avrei voluto cucirti il nome sul petto
con i capelli e il filo bianco dello zucchero
indovinarti il passo prima che si compia
nel respiro di mare da sotto le nuvole
in un tempo dove l’amore non cede
e l’eternità può durare soltanto tre ore
*
c’è la sera che precede il tuo sguardo
l’attesa dalle labbra si sposta alle dita
la luce con il buio stringe l’alleanza
nell’eternità violenta di questa tua città
camminiamo come angeli nel fuoco
dentro una stanza grigia di cartone
disegnando con la curva delle ali
la porta stretta del nostro paradiso
*
da quella città volli prendere una lampada
e accesi un amore in terra straniera
che arroventasse il freddo e la paura
non furono poi tante le strade davanti
io vidi solo un viottolo di sterpi e di foglie
e la sottana nera ondeggiarti sulle scarpe
se esiste fede dentro una promessa
sa di sangue che guarisce la ferita
perché tu sia sempre il passo che mi precede
la linea di confine che ho voluto attraversare
***
Altre poesie confluite nel libro possono essere lette qui.
Testi meravigliosi. Una grazia di tocco rara.
Nino
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