perìgeion

un atto di poesia

Gisella Genna, poesie da "Quarta stella"

gisella genna

a cura di Giorgio Galli

Esordio di Gisella Genna, Quarta stella (Interno Poesia, 2020, con prefazione di Giovanna Rosadini) è un libro magico, ma non nell’accezione con cui questa parola è usata abitualmente: è magico perché è frutto di una visione miracolistica del reale, la visione quasi sacrale che è al fondo della vera poesia lirica. Vale però l’osservazione di Giovanna Rosadini, secondo cui quella di Genna è una lirica dove l’io si slarga nel noi. Accade che al fondo del libro vi sia una sorta di pessimismo reattivo: un’inquietudine, una malinconia e un senso della perdita, che però vengono trascesi nella pace inquieta della forma. E la magia -ancora questo termine- del mondo, la magia della contemplazione e la magia dell’amore sono lodati con un canto di pudica intensità. Dunque l’io è sempre in rapporto a un mondo a cui si mescola. Un mondo di cui conosce il male, ma di cui preferisce il bene, e in cui l’amore appare come un approdo. Ecco dunque che l’io si slarga in un noi che è quello dell’amore ma anche quello della creaturale partecipazione al lirismo di tutte le cose. Una poesia laudativa per scelta, direi per una scelta di ombrosa grazia, che non disconosce l’orrore del pianeta, ma si propone di superarlo.

I versi sono musicali, di una musica dolce e trasparente, interrotta qua e là da ritmi diversi che fanno l’effetto di un corpo elegantemente composto, ma scosso da brividi rivelatori. Le immagini oscillano fra l’incanto e la desolazione e sembrano quasi osservate con enigmatico sorriso.

In un Lied di Gustav Mahler il protagonista, toccato il fondo della sofferenza, dice che tutto torna di nuovo buono, “amore e dolore / e mondo e sogno”. La lirica di Gisella Genna fa lo stesso effetto: è grazia che nasce da una ferita profonda.

***

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Sono nata un venerdì, giorno pari dell’inverno

gli anni sgranati una vertebra alla volta.

Tolgo briciole dalla tavola della colonia antica

della casa bianca nel prato del bosco

dove andavamo insieme ai grandi;

la rosa di mia madre è testimonianza

sera che si scioglie tra le dita.

*

*

*

La piazza, strade viste lontano

da quello che era il mio nome

contati luoghi, asfalto, mattoni.

Il sonno non è stato caldo, mai

– voci di gioco dal cortile

nella cucina, mobili bianchi

compiti fatti

la tenda posava la sua grazia

sulla mano tesa;

avevo compreso la vita

ero pronta al perdono.

*

*

*

Dite ai miei morti di apparirmi

poiché mi sento sola come loro

e non ho più uno specchio

dove guardare altrove.

*

Dite loro di svegliare il cielo

dal torpore di un tempo finito.

*

Io non so niente e ancora cerco

tra le volte e il fogliame

un segno, un filo

un’anticipazione.

 

*

*

*

Era un esistere impreciso,

uno scarto, camminare

in tempi e cieli distanti

tra bordi e mura di ogni luogo

nelle trame di una città:

corpi amati, destinati.

Trovarsi nell’afa di un’estate

sulle rive di un continente;

io ero lontanissimo, ero qui.

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Informazioni su Giorgio Galli

Giorgio Galli è nato a Pescara nel 1980 e si è laureato in Scienze della Comunicazione a Siena. Vive a Roma dove per due anni ha gestito una libreria indipendente. Ha pubblicato "La parte muta del canto" (Joker, 2016), ritratti biografici di grandi musicisti del passato; "Le morti felici" (Il Canneto, 2018) e “Le voci sopravvissute” (Gattomerlino, 2020), piccole collezioni di brevi prose poetico-narrative; il racconto lungo “Il matto di Leningrado” (Gattomerlino, 2021) e la raccolta di poesie "Canzonacce" (Delta3, 2021).

2 commenti su “Gisella Genna, poesie da "Quarta stella"

  1. massimiliano
    20/02/2021

    io ero lontanissimo, ero qui//

    Solo questo verso, per me, vale già un libro.
    E ne ho già letti altri che mi piacciono molto, e solo in questa cernita.
    Lo prenderò. Grazie.

    Piace a 3 people

  2. ninoiacovella
    21/02/2021

    Una bella scoperta grazie a Giorgio.
    Grazie

    Piace a 1 persona

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Questa voce è stata pubblicata il 20/02/2021 da in poesia con tag , , , .
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