perìgeion

un atto di poesia

Strada di Damocle, di Lucio Toma

 

Sulla strada di Damocle

 

Per l’occidentale contemporaneo, anche quando gode di buona salute, il pensiero della morte costituisce una sorta di rumore di fondo che si insinua nel suo cervello man mano che progetti e desideri vanno sfumando. Con l’andar del tempo, la presenza di tale rumore si fa sempre più invadente; la si può paragonare a un brusio sordo, talvolta accompagnato da uno schianto. In altri tempi, il rumore di fondo era costituito dall’attesa del regno del Signore; oggi è costituito dall’attesa della morte. Così è.

da “Le particelle elementari”, Michel Houellebecq

 

 

di Nino Iacovella

Ho incontrato Lucio Toma a Francavilla a Mare, nella mia terra, in Abruzzo. Un luogo straniante e pieno di rimandi culturali: il litorale di Francavilla era un tempo il prediletto dei grandi artisti abruzzesi della fine dell’ottocento, grazie alla presenza del Cenacolo Michettiano. Nel tempo, di quella grandezza culturale non è rimasto nient’altro che la traccia onomastica di vie e piazze intitolate alle opere di D’Annunzio, a F. P. Michetti, F. P. Tosti e relativi sodali del cenacolo. Vie e piazze assediate dai feticci edilizi dell’ormai ex boom economico del dopoguerra: una selvaggia cementificazione di un lungomare sacrificato sull’altare della piccola borghesia abruzzese desiderosa di mostrare il proprio status piccolo borghese con l’appartamento al mare di proprietà. Lucio e io ci incontriamo nel cuore di Francavilla al Mare, a Piazza Sirena, senza sapere a quale strato di rovine apparteniamo, quali vestigia di declino assecondiamo. E in questo contesto, dinanzi a un caffè, che Lucio mi apre alla sua storia, spiazzandomi, alzando la sua maglietta e mostrandomi le cicatrici di una vita che non poteva non confluire nella sua poesia.

Incontrare un poeta è sempre un rischio. La poesia è una brutta bestia, contrariamente a quello che si pensa. C’è il rischio che la componente narcisistica del poeta pregiudichi l’autenticità e l’umanità di un incontro. Non è il caso di Lucio Toma. Il poeta non soffoca l’uomo, e la poesia non divora la curiosità reciproca di scoprire la storia dell’altro. E già l’incontro, su queste premesse, è un dono. Così come il libro Strada di Damocle.

Strada di Damocle è una raccolta incentrata sul friabile percorso di un equilibrio esistenziale tracciato sullo spartiacque tra la vita e la morte. Una condizione dovuta alle puntuali recrudescenze di una patologia che nega all’autore una vita del tutto normale. I titoli delle sue due opere, A gonfie vene e Strada di Damocle, sono giochi di parole molto evocativi sullo stato di salute del poeta, stretto tra le maglie delle cure e la precarietà del vivere di ogni giorno.

Uno dei temi importanti di questo libro è la percezione resiliente della bellezza: una bellezza vista con gli occhi e sentita con il cuore di chi vive costantemente la caducità dell’esistenza, vissuta soprattutto nei fatti minimi del quotidiano. Occhi e cuore smagati dalla sofferenza, certo, ma rimasti vivi all’interno degli affetti, nell’amore familiare: “Averti portato sin qui, figliolo / non è stato facile. Doverti / lasciare il passo è impervio / com’era da spavento ogni marciapiede. / Ma questo è il tempo drastico / dello stacco, delle prese / di volo che non finiscono più / tra le mie braccia quando ero / il tuo mondo, gli occhi / snelli a prevenire ogni inciampo: / a guardare lontano… // Ora domandi quel che imputi / come colpa del tuo disagio / per l’età che ti serra in un corpetto / prima ancora che tu stringa i denti // Dimentichi o forse poco sai, / pezzo di cuore, da quali attese / notti vieni e quale fottuta / grazia sei contrappasso.

La poetica di Toma, autore di formazione letteraria, è antiretorica, e trova ritmo, tono e immagini nell’accurata adesione al reale. Una poesia che mette sui due piatti della bilancia il proprio vitale microcosmo affettivo e la società nel suo attuale abbrutimento morale e consumistico.

Lucio Toma, in continuità con il suo libro di esordio, in Strada di Damocle cerca con la poesia un autentico punto di contatto con il lettore, una fratellanza tra esseri umani, ed è un fine etico che l’autore esplicitamente afferma nella nota introduttiva al libro: “Se il libro è un viaggio che si fa sosta, arrivo o meta, la nascita di un libro è un viaggio epocale. L’epoca di cui parlo è quella del mio orizzonte. Accade spesso che i viaggi nascano da lontano e da chissà dove e hanno bisogno di tempo per trovare il modo di essere raccontati, di raccontare il sentimento della vita. Per questo, dopo il precedente del 2006, ho impiegato tredici anni per terminare la mia “Strada di Damocle”, questo mio pellegrinaggio, anima e corpo, carico di quel mondo osservato con gli occhi di una fede che vuole farsi, meravigliarsi e interrogarsi di fronte alle incongruenze, alle contraddizioni e alle precarietà dell’esistenza. Qui la leggenda della spada sospesa introduce a una condizione esistenziale, che, da una prospettiva d’indagine personale e periferica, diventa chiave di accesso alla pluralità di esperienze comuni. A chi avrà la forza e la voglia di leggere il mio orizzonte, incamminandosi lungo questa mia “Strada”, la segreta speranza, come un augurio, è di ritrovarsi e riconoscersi anche solo in parte fino a diventare, perché no, viandanti lungo lo stesso cammino.

Strada di Damocle, Arcipelago Itaca, 2019, prefazione di Annamaria Curci

 

Sono un uomo spericolato, tanto

da essere ancora in vena di rischi:

non me lo dice l’ennesima multa

per eccesso di velocità, piuttosto questo

stare tra il presente a una clessidra:

tra questa penna e un altro giorno

da esistere.

 

(In vena di rischi)

  

*

 

In una pagina della mia vita

(avevo anni per Dio

da rivedere e correggere)

 

fui chiamato alle armi,

alla naia di parole

senza capire contro chi dovessi

combattere, chi fosse il nemico

 

Fui riformato sulla strada

di Damocle mani in alto

che le domande ammutolivano

 

Per la verità è difficile schivare

i giorni che piombano addosso come

proiettili e possono ucciderti

se non vuoi farti ammazzare.

 

(Strada di Damocle)

 

*

 

A Mario Troiano

 

 E non è di tutti la guerra chimica

che si combatte tra le vene

dei giorni e la corticale del rene.

 

È una guerra di resistenza

nel silenzio di una trincea dove

la vince chi si spara proiettili

salvavita da 75 mg due volte al dì

con precisione da cecchino.

 

Ed è incredibile con quanta faccia

tosta lo stomaco sfidi la morte

per digerire la malasorte.

 

(Al trapiantato)

 

*

 

Miro all’incastro del sentire

                                                   col dire,

ordito di pensieri

in parole da imbastire con un filo

di enjambement

 e così gioco fare

la vita nel modo più serio

neppure se vivessi…

 

E quando sembra pronta la taglia

mi stringe sul petto che non credo

calzi come Dio comanda.

 

La gloria del non detto-fatto, la missione

reclama qualche giusta sutura,

il riporto, il verso a misura

perché è solo quando la matassa

di parole da cui mi lascio trascinare

va a districarsi con rara

esattezza di ciò che intendo

che l’opera è fatta

e finalmente

 

posso indossare la vita.

 

(Sarto di vita)

 

*

 

Nessun vestito da Zara, neppure

lo svolazzo di una gonna in saldo

ti stava bene quanto il colore

di quel soprabito (lo ricordo nero

a grandi linee e bottoni smaltati)

che si offriva in dono al tuo corpo

e faceva gemme dei tuoi occhi.

 

Per te lo specchio mi parlava…

 

In via Indipendenza sotto i portici,

dentro il negozio dove più di una maglia

ha indossato la tua pelle

e misurato il calore del tuo sangue,

non hanno colpa le mani

dello stilista che ti ha immaginato

se per una quarantaquattro di taglia

mancante non ti ho portato

all’altare della cassa.

 

(Nessun vestito)

 

*

 

Valeria

 

con la gioia di vivere

il fiore degli anni

ti proibisco di contare

i giorni alla rovescia alla ripresa

della scuola come fossero

petali da strappare

dalla corolla del calendario

vuoti a perdere

la più crudele delle scadenze.

 

Che dire delle mie certezze?

 

Lucio Toma, scrittore, poeta e giornalista, si è laureato con lode in Lettere moderne presso l’Università degli Studi di Bari. Nato nel 1971 a San Severo, dove risiede, insegna presso l’Istituto agrario della sua città. Nel 1999  ha pubblicato Zigrinature (All’insegna del Cinghiale ferito) e nel 2006 A Gonfie Vene (Ianua). Ha collaborato con magazine locali e quotidiani, ha presentato eventi letterari e scritto interventi critici. Sue poesie sono apparse su varie riviste, anche on line.

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Un commento su “Strada di Damocle, di Lucio Toma

  1. francescotomada
    26/03/2021

    Poesie apprezzatissime. Una qualità di scrittura molto alta in un autore che non conoscevo.

    Francesco

    Piace a 1 persona

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