selezione di Nino Iacovella
Dopo l’amore
I
Ora inciampiamo nelle nostre altezze,
noi che eravamo stretti
fra i talloni del mondo
e non rifiutavamo
né il sole né la brina
sopra i corpi sorgenti,
quando lingua era il nome
dell’onda dei pensieri.
Respiravamo insieme
addossati e invisibili
come puri contorni,
come giunge ai sepolti
nudi abito di terra
nella siepe esatta del buio.
II
Per la semplice traccia delle cose:
l’ odore nomade che avremo,
I’ abito che il fuoco abbandona
sul terreno, la ghiaia
infinita dei giorni
d’ assedio e degli eserciti. Per questo
rimaniamo, immobili e nudi
come bottiglie d’acqua esauste
ai margini del nostro letto.
***
Interno parigino
Questa casa di vetro e di pareti
dove separi la tua morte
dalla mia, beve la penombra
continua, se ne gonfia, conosce i volti
che su strade e cortili, prima dell’alba,
da un’insonnia si affacciano a sputare.
***
Se la lingua si arrampica alle cosce –
lezzo di broccoli sudati, e vivi
peli di parietaria che s’incollano
al naso …
I viaggiatori si trascinano
ingombrando i passaggi, sulle facce
le smorfie sempre uguali e intermittenti
come soste di treni regionali.
Anch’io stavo tra loro, ma ho scordato:
la lingua, e la tua coscia si ribalta per lasciarla
passare verso il dentro. Le ovaie, nido cosmico.
Grondaia colma dei più fertili sputi aspetti
la pioggia che in te scorre orizzontale.
Nella tua fogna candida e vermiglia
ho pescato i miei versi come topi.
***
Mentre lasci il letto, sale
da lenzuola smosse odore di cenere.
Ti allontani su mattonelle fredde.
Come un biglietto che scade in silenzio
l’attimo dell’amore si è concluso.
La vita dei semafori lampeggia
eternamente dai viali. Accendo
nella stanza una luce più debole,
il tuo mappamondo infantile:
bianche terre polari, isole gialle …
In un cielo sudato ci stendiamo,
nuda costellazione degli amanti.
***
Quando prova un vestito e torna nuda
molto prima di sera
e toccati dallo specchio
si accorge di nutrire seni inutili,
darebbe pentole di sangue
per l’ esistenza faticosa della foglia
su cui vengono a fermarsi,
saliti con solletico dai rami,
parassiti che scintillano bianchi
di una linfa mortale. A che le serve
custodire invisibili fermenti
nelle membra, se un piccone
dentro non la divora
cambiandola in parete di miniera?
Nessun uomo consuma
il suo pasto infinito.
Solo pochi bicchieri ed è sazio
e la trascina dalla tavola al letto.
Ma lei è pavimento, desiderio
di piedi che la schiaccino ovunque.
Si distende, silenzio di ospedali.
Dalle gambe tremanti
partorisce con le dita.
***
Sentirti passare nel buio
come un seme nel frutto. Prevedere
il momento in cui mancheremo, il dopo
delle piazze crollati i campanili
superbi. Ti trovo nel buio:
da una palude immensa come un occhio
emerge la pupilla che mi sfiora. Dobbiamo
amare in silenzio la terra che ama
i morti come un marmo le sue vene.
***
Lasciarti gravida, come piazzare
la bomba nel selciato della strada,
la bomba che si allarga e la devasta.
Vederti faticare a causa mia,
maledire le promesse d’amore.
Lasciarti gravida è per me soltanto
farti ingoiare un guinzaglio col mio nome
e cambiare la forma in cui ti amavi,
da una gatta orgogliosa
forgiare una tacchina. Tu sei frutto
che urla per maturare,
io l’insetto che innesta
nel tuo giorno gli enzimi del tramonto.
***
Si spoglieranno gli angeli
durante il temporale e pelle e piume
offriranno alle carezze dei lampi.
Come l’ alba quando medita il male
del giorno, scuoteranno ai venti
la cima pensierosa delle ali,
concedendo che i gatti alle finestre,
con gli occhi spalancati come ortensie
di paura s’innamorino di loro.
***
Le donne delle pulizie
Più nere delle loro ombre
sul linoleum e dell’acqua
che rimestano nei secchi,
ma ancora più grandi che nere,
nelle eclissi di neon
spingono lo straccio
sul battiscopa carichi di luna.
Ho bussato alle loro bocche
ma nessuna risposta le abitava.
Lavorano come onde scure.
Quando tra le ginocchia delle città
si erigeranno nuovi panteon
non dimenticate le nere
pulitrici. E l’infuso di lavoro
che rimestano nei secchi
sarà come acqua benedetta,
il decotto delle nostre radici.
***
Sono figlio dell’ amore illecito
che preferisce i bastioni serali
e scorre nei canali dismessi
per l’autunno. Ma vedendo
la luna avvolta nel televisore,
la mia tremava come le altre madri:
“Figlio, non sarai dei frutti tardivi
che la mano della guerra ammucchia
e sbiancati li gela poi la brina
come angeli di gesso nei giardini?”.
Più tardi, scacciati all’ aperto e molto
lontani dall’ultimo lampione,
mio padre per farla sorridere
sapeva dirle senza una parola:
“Sei bassa, ma sei bella”
misurandola accanto a un girasole.
***
Litania
Usciamo dalla doccia. Con la maglia
rimasta ti asciugo le vertebre.
Tu mordi come i cani disegnati.
Comincio ad allargare le braccia
per darti un orizzonte. La mia testa
è il sole che tramonta. Nello specchio
una natura morta con portasapone.
Il silenzio è un martello
che sta cadendo dall’impalcatura.
***
Adolescenza
Ho in tasca un orecchino solitario;
cerca un lobo gemello a cui impiccarsi.
C’è una coperta gettata sul pavimento.
Vieni, sorella mia, ci toccheremo
questa notte soltanto. E i veleni
della festa se ne andranno con la prima
iridescente urina del mattino.
testi tratti da “I destini minori”, Il Ponte del Sale, 2017
I destini minori è uno dei libri più affascinanti che siano stati pubblicati negli ultimi anni, secondo me. Mi auguro che abbia la visibilità e i lettori che merita.
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Concordo. Proprio per questo l’ho riproposto sul “banco”.
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