di Cupido
Non è la migliore di Quando non ci sono, l’antologia pubblicata l’anno scorso da Einaudi nella traduzione di Mirta Amanda Barbonetti, e neppure di Ultramor, la raccolta originale da cui è tratta. Ma è esemplificativa di una certa corrente nascosta che attraversa il libro, una corrente che è arrivata a lambirmi i piedi e prima che potessi accorgermi mi aveva sommerso fino al ginocchio o all’inguine.
La casa sin puertas
Homero vio a Dios:
esa fue la causa de su ceguera.
Borges leyó a Homero,
y en sus hexámetros las naves
surcaban el mar para llevar el sol
hasta el ciego horizonte de sus ojos.
Yo he leído antes a Borges
y otro me lee a mí ahora.Así viaja la luz
por esta casa sin puertas
cuyos muros son palabras:
iluminando unos cuartos,
tras dejar otros a oscuras.
La casa senza porte
Omero vide Dio:
per questo divenne cieco.
Borges lesse Omero,
e nei suoi esametri le navi
solcavano i mari per portare il sole
all’orizzonte cieco dei suoi occhi.
Prima io ho letto Borges
e ora un altro legge me.Cosí corre la luce
in questa casa senza porte
le cui mura sono parole:
illuminando certe stanze,
dopo averne lasciate altre al buio.
Leggendo la prima strofa, mi è risuonato in testa un certo passo dal capitolo 4 del vangelo di Luca:
[Gesù] si recò a Nazaret, dove era stato allevato; ed entrò, secondo il suo solito, di sabato nella sinagoga e si alzò a leggere. Gli fu dato il rotolo del profeta Isaia; apertolo trovò il passo dove era scritto:
Lo Spirito del Signore è sopra di me;
per questo mi ha consacrato con l’unzione,
e mi ha mandato per annunziare ai poveri un lieto messaggio,
per proclamare ai prigionieri la liberazione
e ai ciechi la vista;
per rimettere in libertà gli oppressi,
e predicare un anno di grazia del Signore.Poi arrotolò il volume, lo consegnò all’inserviente e sedette. Gli occhi di tutti nella sinagoga stavano fissi sopra di lui. Allora cominciò a dire: «Oggi si è adempiuta questa Scrittura che voi avete udita con i vostri orecchi.
Pensare che la poesia parli proprio a me, e di me, come continuatore della catena che congiunge Omero a Borges, Borges a Brezmes, e Brezmes al suo prossimo lettore, è una tentazione adolescenziale che anche a quarant’anni dà le vertigini. È dolce pensare che la poesia sia un vangelo di cui ciascun lettore diventa il messia, nel momento in cui se ne fa tramite e portatore. In questo momento il lettore sono io. La mia vocazione, il senso della mia esistenza è scritto a chiare lettere sulla pagina. Oggi si adempiono i versi che avete letto con i vostri occhi.
È evidentemente una trappola. Me ne vergogno, ma non faccio finta di non esserci cascato. Brezmes ha il dono celeste di riuscire a non essere troppo profondo. Si vorrebbe tuffarsi, ma l’acqua arriva appunto alle gambe, ed è bene così. Esempio: la deviazione sugli hexámetros, le navi che portano il sole a chi non vede. Calligrafica, telefonata. Non è che Brezmes non sappia fare di meglio, semplicemente non vuole. L’investitura poetica del lettore non deve suonare solenne ma sottilmente sorniona. E la seconda strofa è tutta dubbi: la casa è senza porte; i muri sono fatti di parole, ma non è dalle parole che promana la luce; certe stanze rimangono al buio. – Che cos’è poi questa “poesia” a cui diamo tanto peso? Nel passo evangelico i ciechi riacquistano la vista; qui Omero e Borges la perdono, e Brezmes ci mette di proposito una mano sugli occhi.
Per chi cerca l’illuminazione con troppa ansia, ripeto, è bene così.
Alfonso Brezmes, Quando non ci sono (Einaudi 2021)
… applausi!
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Qualcosa di sublime
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E comunque, come sai graffiare tu, Cupido, è sempre un piacere. Un piacere portarsi sulla pelle le tue unghiate di poesia.
Ninuz
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Guido, davvero molto molto bello. Tutto quanto: poesia e tuo intervento.
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