perìgeion

un atto di poesia

Io scrivo nella tua lingua, di Massimiliano Damaggio


L’incontro di un poeta: la poesia di Massimiliano Damaggio

Io scrivo nella tua lingua, di Massimiliano Damaggio, Editrice ZONA, 2022
Testo a fronte greco nella traduzione di Giorgia (Gina) Karvunaki

di Nino Iacovella

In un pomeriggio di diversi anni fa ricevetti un messaggio da Carlo Bordini: «Mia, sono felice, ho conosciuto un poeta». Carlo conferiva alla parola poeta, che non usava di frequente, un peso proporzionato alla gioia incontenibile, quasi infantile, per averne incontrato davvero uno. Ne aggiunse il nome, specificando che conduceva vita ritirata in Grecia. Riconobbi subito quel nome, l’avevo già incontrato grazie allo scrittore brasiliano Julio Monteiro Martins, che nel 2012 aveva pubblicato un suo testo intitolato “Neon” sulla rivista «Sagarana»: «Verrà il neon e avrà i tuoi echi / i tuoi occhi così sepolti / a volte inquadrati negli schermi / … / Gli architetti, pulitissimi / sorridono lineari sotto i tubi luminosi / – e noi camminiamo contenti di vedere meglio». Mi erano rimasti impressi, questi versi, per la spietata fragilità di quella luce spettrale, a fremere sopra un’umanità cieca, senza riscatto.

Nel 2016, sempre Carlo, in una nota scritta per la mia ultima raccolta, in merito ai poeti in grado di guardare con gli occhi aperti all’orrore del mondo, concludeva: «come Massimiliano Damaggio, poeta molto appartato»; confermando di nuovo la forza dello sguardo sfrontato, “osceno” di quest’ultimo, rivolto senza vergogna a ciò che non vuole essere mostrato, che non si vorrebbe ri-conoscere, “contenti di vedere meglio”. Sguardo che reagisce con la sfacciata evidenza delle parole, di una lingua poetica che travolge le ipocrite impalcature verbali degli “architetti pulitissimi”.

Dalla nota di Mia Lecomte

Non riesco a parlare della poesia di un amico come Massimiliano Damaggio senza prima fare una digressione biografica della nostra amicizia.

Nel 2013, per i tipi di Ensamble, Massimiliano pubblicò in Italia (la precisazione è d’obbligo in quanto l’autore da tempo vive in Grecia) una raccolta intitolata “Poesia come pietra”. Un mio collega di Lettere, un giorno, mi disse che alla Libreria Popolare di Milano sarebbe venuto un amico dalla Grecia a presentare un suo libro appena dato alle stampe. Il collega ci garantì che la poesia era davvero buona e ben lontana dalla tipica retorica autoreferenziale di cui spesso siamo stati vittime partecipando agli incontri di poesia.

Forti di questa garanzia riuscimmo a racimolare una dozzina di colleghi. Arrivati in libreria, in anticipo rispetto all’orario d’inizio della presentazione, quasi non ci accorgemmo dell’arrivo di Massimiliano che si presentò più come un commesso viaggiatore, invece di un poeta alle prese con le proprie fanfare. In solitaria, senza relatori né editore, Massimiliano sistemò il suo pc portatile per avere il necessario supporto d’immagini ad alcune poesie. Iniziò così, immerso in uno spazio angusto tra pile di libri e noi, il suo pubblico. Voce narrante, voce recitante, immagini sul monitor che scorrono: uno “one man band” della poesia. Ne fummo rapiti.

I temi affrontati nella raccolta: la crisi economica e sociale della Grecia, l’autoreferenzialità delle istituzioni letterarie, l’annichilimento dell’umanità a causa del sistema di produzione e sfruttamento neoliberale.

Massimiliano fu così convincente, con i suoi testi e la sua stessa performance, che riuscì a vendere più libri di quanti fossero gli intervenuti all’incontro: qualcuno acquistò anche delle copie da regalare oltre alla propria. Ma fu soprattutto l’averci trasmesso il suo credo assoluto nella poesia come forma ultima e resistente della bellezza a fare breccia su di noi. Percepimmo la purezza di un credo assoluto in una forma d’arte, l’amore e la gratitudine verso i maestri, la continua attività di ricerca che non si esaurisce mai nel ristretto diametro della propria esperienzia di vita.

Da “Poesia come pietra” al successivo libro “Edifici pericolanti” i temi dell’autore hanno avuto sempre al centro il tema della critica sociale. Con “Io scrivo nella tua lingua”, libro scritto in greco e in italiano, l’autore torna indietro nel tempo, al tema intimista di una infanzia segnata sì dal dolore (la separazione dei gentori, la morte prematura del padre) ma che allo stesso tempo è ancora punto di ancoraggio rispetto al tragico destino degli adulti.

È un libro di pura poesia lirica, inatteso per chi segue da tempo il percorso di scrittura di Massimiliano: un canto in due diverse lingue che convergono verso ciò che la poesia deve dire, con immagini, suoni e significati riconoscibili universalmente, soprattutto quando le parole s’insinuano sotto pelle e vanno così in profondità da riuscire a curare empaticamente vecchie ferite.

*

polaroid

mi guardi dalla fotografia
ma io non so scrivere nella tua lingua
di cosa si chiamava bambino
ed era viaggio di vento, irruzione
nel nuovo giorno, al calendario
scandalo

incontrarti oggi in uno specchio di carta
mi ha fatto tremare le mani
perché ti ostini ad accompagnarmi di nascosto
all ‘uscita di ogni galleria
quando insieme per la sorpresa ridiamo
di fronte a un’improvvisa voragine di luce

*

durante il naufragio

di tutto questo naufragio si salva forse un bambino
che seduto sul pallone
nelle pozze dell’ asfalto
vede riflesso il cielo come un canto

se potessi gli direi guarda che ei ancora in tempo
saltala quest’acqua
ora che è solo una linea

girati, e guardala mentre s’ingrossa
l’onda alta delle nubi sui palazzi
e come mi chiude gli occhi, adesso
e come sfuma la risata
di te che corri, e della
polvere

*

madre

non è corretto
e non è poesia
raccogliere un dolore
per scrivere parole

se stai piegata in due dentro la stanza
al primo piano della casa abbandonata
mentre urli al bambino
che scappa, e cade per le scale, e si nasconde

nel buio ascolta
il latrare del tuo male
che sfonda il tetto

*

trovate

da bambino avevo un mangiadischi rosso
e mettevo sempre la stessa canzone
perché l’altro lato non mi piaceva

un giorno
cambiare a matita il nome della canzone
per paterne ascoltare un’altra
non funzionò più

così come chiamare isola il cortile

*

memoria olfattiva

per molte notti ho dormito abbracciato al tuo maglione
fino a quando il tuo odore se n’è andato

ho letto da qualche parte che la memoria olfattiva
è la più dura a morire
e che rifiorisce
all’improvviso, e non ti avverte

sarà per questo che stamattina
il barista ha posato sul bancone
due tazzine di caffè


Massimiliano Damaggio, poeta e traduttore dal portoghese e dal greco moderno. Ha pubblicato “Poesia come pietra” (Ensemble, 2012) (prefazione di Carlo Bordin), “Edifici pericolanti” (Dot.com Press, 2017) (postfazione di Fabio Franzin e nota di lettura di Nino Iacovella), “Ceux qui prennent un café face à la mer” (Francia, 2017, traduzioni di Olivier Favier) e il libro di traduzioni “Paulo Leminski: Distratti vinceremo” (L’arcolaio, 2022). Suoi testi e traduzioni sono presenti su riviste cartacee e digitali, in Italia come all’estero. Collabora con diversi blog letterari, fra i quali “La dimora del tempo sospeso” di Francesco Marotta. È redattore e co-fondatore del blog “Perìgeion / Un atto di poesia”.

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4 commenti su “Io scrivo nella tua lingua, di Massimiliano Damaggio

  1. vengodalmare
    05/09/2022

    involontariamente abbiamo scelto lo stesso giorno per pubblicare le poesie di Damaggio 🙂 Metterò un link a questa bella recensione, se non vi dispiace.

    Piace a 1 persona

  2. Pingback: Io scrivo nella tua lingua – Massimiliano Damaggio, e David Smith – vengodalmare

  3. poetella
    05/09/2022

    l’ultima… che meraviglia e che chiusa!

    Piace a 1 persona

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