perìgeion

un atto di poesia

Flaminien e Noel, tradotti da Fabio Scotto

 

 

Jean Flaminien “Della bontà” – “Bernard Noel, “Il poema dei morti”: due libri per l’editore Book, 2020

di Vincenzo Di Maro

 

A Fabio Scotto devo una delle esperienze di poesia più memorabili che io ricordi, ragion per cui questa intervista sarà introdotta da un antefatto personale.
Varese, “Amor di Libro”, maggio 2007: a Piazza Monte Grappa, dove si svolge la consueta kermesse cittadina dedicata all’editoria, le furibonde folate di un improvviso temporale sferzano la tensostruttura che ospita il più grande poeta francese vivente, Yves Bonnefoy.
Invitato a Varese da Scotto, Bonnefoy legge, dal recente “Le assi curve”, il poemetto“La casa natale”.
“Le assi curve” uscirà qualche mese dopo nella traduzione di Scotto per il pubblico italiano: ma intanto le due voci – quella del più grande poeta francese vivente e quella del suo amico, poeta e traduttore italiano– paiono nutrirsi della folgore che ruggisce sopra le nostre teste, riuscendo nell’ incredibile impresa di smorzare la rauca voce di Bossi, impegnato poco distante in un comizio
Lo fanno tra la viva emozione del pubblico.
Bei tempi.
Anno 2022, incontro Fabio Scotto in un tranquillo pomeriggio d’ ottobre. Nell’ultimo periodo ci siamo un po’ persi di vista: sono così contento di vederlo che mi lascio convincere a due chiacchiere davanti a un caffè. Bonnefoy, che intanto ci ha lasciati da qualche anno, sembra più vivo di tanti conoscenti e autori d’oggi.
Fabio Scotto, che tra l’altro è Ordinario di Letteratura Francese all’Università degli Studi di Bergamo, non è tipo da concedersi pause: giacché ha trovato il tempo di fermarsi per qualche minuto, mi mette fra le mani ben quattro nuovi libri, libri che sono altrettante testimonianze della sua fervida attività.
Delle due opere da poeta parleremo in seguito: Fabio è in vena di confidenze, e visto che ultimamente sono usciti a sua cura per Book editore due testi importanti, “Della bontà” di Jean Flaminien e “Il poema dei morti” di Bernard Noel, oggi mi parla di buon grado della sua attività di traduttore.
“Le mie idee sulla traduzione sono talmente chiare che le ho raccolte in un libro della Fondazione Marazza “Scrivere e tradurre poesia” (anno 2014, si trovano ormai online, mi dice).
“La traduzione è “scrittura seconda”. Per tradurre davvero occorre anzitutto essere scrittori: porre al servizio della resa dell’originale le proprie qualità, ma senza mai anteporsi al testo, senza mai portare sul proprio terreno l’originale; è una produzione che non è certo di servizio ma è sempre rispettosa delle forme. Non si usa la scrittura altrui per farne opera propria: se essa diventa opera propria, ciò avviene automaticamente. In questo senso mi sono cari Antoine Berman e Walter Benjamin, il quale, ad esempio, dice che la traduzione è forma che esige massima attenzione al suono che produce senso; alla significanza più che al significante: alla catena prosodica dei suoni, al ritmo che dà identità al testo ( tutto questo in “Il compito del traduttore” 1920, saggio introduttivo all’edizione in tedesco de “Le spleen de Paris”).
Nel caso di Flaminien ( amico di Bonnefoy, Cioran, Michaux che ha frequentato negli anni ’70, quando lavorava da Gallimard… di Saint-John Perse, consigliere culturale d’ambasciata e tanto altro…) posso dire che si tratta di “frammenti” di un verso largo, un po’ prosastico; spesso ci sono addirittura pagine di citazione di testi d’altri, come Rimbaud. E’ una poesia fortemente filosofica: ragion per cui ci sono senz’altro momenti fonici e partiture ritmiche cui ho dovuto stare attento; in altri casi ho badato soprattutto all’aderenza semantica, a una sorta di sillogismo lirico che Flaminien propone nel libro.
Nel caso di Noel, poeta non ritmico, che usa – nella sua ultima stagione di una poesia caratterizzata dalla attenzione al corpo – l’elemento drammatico e quello polemico-politico-ideologico, soprattutto nella parte che si chiama “Il poema dei morti”, il riferimento è agli egizi. Ma il testo, come molti episodi dell’opera di Noel, ha sempre delle attualizzazioni: ad esempio, ha un’attenzione all’ingiustizia, alla prevaricazione sul corpo tipica dei regimi totalitari.
L’effetto è quello di una certa crudezza lirica.
In generale io non traduco tutti gli autori allo stesso modo, né tutti i testi di un autore allo stesso modo, ma mi conformo alle caratteristiche e alle “intenzioni” di ciascun testo. Giudicherà il lettore: la forma è sostanza.”

 

 

Jean Flaminien, da “Della Bontà” (Book editore, 2020)

 

1.

E’ la speranza misteriosa
che affiora per effrazione
in tale gioia e in puro dono
in un universo d’ombra.
Anteriore a ogni sapere,
qui nell’essere che appare,
giustificandolo tra gli esseri,
sentiero fuggevole.
Il risveglio è la sua ragione,
la fonte la sua memoria.

Luminoso pianeta che nessuno attende,
presenza spontanea che si eclissa.

6.

Unica è l’inattuale bontà,
l’intempestiva che sconvolge,
senza confine vivente
nel luogo consistente,
con cariche affettive affluenti,
riceve, emette senza posa
qualcosa d’immediato nell’effimero.
Vulcanica, mai astratta,
perché la singolare e consensuale
è la meno familiare,
la meno condivisa?
E’ un raro potere innato
sapere amare totalmente.

31.

Identificata
ricoperta di nulla
e sempre allo stato nascente,
ossessione degli irritati,
bontà è il candore
che mina l’esteriorità

Quando sfrega il fuori
dal didentro
– il tutto e le parti
abitati da un mutuo sussulto, –

affatto l’approccio della tenerezza,
tenace nel minimo luogo.

33
“Se tu chiami buoni soltanto i buoni,
chi ti chiamerà buono?”
Antonio Porchia

Quello assiste da un altro
a una scintilla di bontà:
consenso per evidenza
e stupore,
fugace comunione con il vero.
Inspiegabile!
Subito seguita da un desiderio d’oblio,
per non doversene
sentire sprovvisto.

39 “Non possiamo dare che quel che abbiamo già dato,
non possiamo dare che quel che già appartiene all’altro.”
Borges
L’indicibile bontà dell’altro verso di noi,
osmosi continua
di vita in vita nella sua meraviglia,
cancella la nostra miseria,
coniuga il nostro sforzo,
fortifica il seme:
irruzione di una grazia,
questo azzurro radicamento
del destino umano.

Bernard Noel, da “Il poema dei morti” (Book editore, 2020)

Tomba di Lunven

1

ora la terra ha mangiato il tuo corpo
la tua carne in poltiglia attorno alle ossa
la tua giovane energia fattasi carogna
la tua testa rotta come un uovo marcio
lassù la finestra è ancora aperta
incurante del tuo salto rovesciato
a che pensavi in quei pochi secondi
poco prima dell’urto col marciapiede
le braccia curve a coprire il volto
e già i corpo diventato il suo resto
le ossa frantumate ti aceravano la carne
massa tumefatta come rammollita
trasudante una sanie indicibile
un muco denso con poco sanbgue
i vestiti diventati tuo sacco
ed è lì dentro che ti hanno raccolto
povero ammasso umano gettato in barella
già etichettato per l’obitorio
speriamo non vi sia più coscienza
di ciò che fosti in ciò che sei
altrimenti a che pro buttarsi nel vuoto

Il poema dei morti

1

un’ombra che cos’è un’ombra
e questa porta è una porta o no?
il suo battente qui non ha mai battuto
dall’altro lato l’inverso del nostro
si gettano laggiù il calamaio la tavolozza
un po’ di polvere e sulle sagome
la mano va per di qua e non tocca nulla
la testa si arrabbia e si sbarazza dell’occhio
che subito pianta la sua vista al contrario
vede il nero la parola pesata
il vecchio Osiride la sua povera bilancia
il passato che sforma un bell’avvenire
il tempo che mangia luce e rinasce
così senza foggia la metamorfosi
ogni realtà è transitoria
il presente mette a fuoco la memoria
e il latente ne esce rinnovato
l’ignoto d’un tratto urta il cuore
la vita allora tocca in noi i suoi limiti
lei che ci anima per caso
mentre la morte è unica prevista

21

questo sacco umano serba la parvenza d’un corpo
sembra quasi avere un volto
occorre chiamarlo defunto o cadavere
si cerca la parola meno spaventevole
ma non è che un resto e che farci
certo si potrebbe conservarlo
lo si faceva sin dal tempo di Osiride
poiché i vivi amavano onorare i morti
tomba piramide e barca sacra
nulla era abbastanza lussuoso per la sepoltura
oggi si preferisce il fumo
si dice equivalga al pensiero
a che pro frequentare i cimiteri
si sceglie l’igiene invece dei vecchi riti
ciascuno deve buttare merda e anima
prima di saltare nel grande buco nero
però attenzione al contagio
la malattia della morte è comune
nessuna legge che la metta in quarantena
allora perché non tentare di farne l’esperienza
si corre solo il rischio di non essere più nulla

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Questa voce è stata pubblicata il 10/12/2022 da in letteratura francese, traduzioni con tag , , , .
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