perìgeion

un atto di poesia

Tutta la terra che ci resta, di Silvia Rosa

 

 

Dalla sezione: Prima della pioggia

 

All’estremità della notte le occhiaie

ci confortano, piccole chiazze di lune

piene sul volto. La redenzione del tunnel,

con i suoi boati corvini e le falene-bussole,

è una strada d’alluminio che accoglie

i nostri fantasmi, a 150 km orari.

Il roseto di abbagli ed errori resta fuori

da questa griglia di Hermann: le fucilate

degli antinebbia e i rimpianti sono espunti

da un elenco di cifre binarie, o bianco o nero.

 

Manca profondità a questo andare,

uno sguardo d’insieme, il talento

di sopravvivere alle lesioni del buio

 

***

 

Sopravvivono residui bellici

– caducità contro estasi d’asfalto –

sebbene i giorni scorrano in sequenze

come disposti su un rapido nastro

di montaggio, assomigliano a passi

impigliati a morte lungo confini sbiancati

di fresco, attraversamenti, svolte, traiettorie

di vento che portano in luoghi invisibili:

una radura annebbiata, uno sfiato

di carburante, un inferno di eternit e plastica,

un covo umido in cui svapora il tempo

lasciando esposta la nudità della perdita

 

 

Dalla sezione: In caso di necessità rompere il vetro

 

In caso di necessità rompere il vetro:

uscire dal campo recettivo, seguire

le coordinate che conducono alla curva

dello stupore, dopo una rotazione di 360°

favorire l’orogenesi della spina dorsale

diritta, per meglio fissare il teorema della creazione,

allenare il terzo occhio, la ghiandola pineale,

il sesto senso, darsi alla melatonina in giuste

dosi, alleggerire le pupille vedette dal vizio

delle proiezioni, trafugare la frenesia degli amanti

e riprodurne gli aromi, dilatare il quotidiano

in campiture di bianchi perla, non scambiare

con nessun altro bene la scorza di protezione,

accettare l’imprinting di un animo bifido.

Soprattutto, individuare subito, per prima,

fra tutte le altre evenienze, l’uscita d’emergenza

 

***

 

Il rifiuto è uno strapiombo che incalza gli sguardi:

flash di zirconi, nella diaspora dell’autostima, e 140 dB

a sottolineare il divieto d’accesso, la progressione del no:

la presbiopia si amplifica, s’innestano falcate sulle uova,

cresce la canapa sfrega-guance, si compone la cosmogonia

del perdente. La via palliativa è all’imbocco degli alibi:

convincersi di sostare dalla parte del meglio, non

oltrepassare il diniego, accettare l’inconveniente di sfilare

come una preda commossa in un’arena di pollici versi

 

 

Dalla sezione: Dove finisce la terra

 

Non è chiaro se dopo nebbie fossili

e giorni di Nigredo, se dopo tutti

gli abbandoni in cui ci siamo persi,

arriveremo alla zolla dell’aurora

o al margine radioso d’un suburbio

con blocchi di edifici in successione,

una schiera di giganti cenerini

che roteano l’occhio dei balconi

verso l’antenna 5G puntata a Est

 

L’impasto di paure nello stomaco

e gli sguardi strabici, un’infinita nausea

a orientare i nostri passi ondivaghi:

sapessimo trovare una stazione

di servizio, almeno, dove mettere

a sedere ciò che resta del presente,

dargli un alibi per colazione,

mentre cerchiamo di inviare

a chi è rimasto indietro le coordinate

esatte della nostra posizione

 

(siamo a 74 centimetri circa

da qualsiasi morte capiti in sorte)

 

***

 

Dopo l’estate in maschera,

taciuto ogni dissenso, ci disponiamo

nell’attesa di una nuova recita:

la stessa trilogia della foglia,

dal ramo tenero al secco senza

linfa, planando sull’asfalto.

Come siamo stanchi, mille miglia

intorno al sole per ritrovarci ancora

al punto di partenza, un mattino

in coda a un semaforo, spenti

gli occhi dentro l’ultimo lampione,

pronti a cedere il guizzo delle cellule

al balletto su tastiere di odio

e rabbia, poi un coagulo – no signal –

il senzaluna della notte ficcato

nelle vene della retina, lo stop passato

troppo in fretta per schivare l’alba

 

“Tutta la terra che ci resta” (Vydia Editore)

 

 

Silvia Rosa nasce a Torino, dove vive e insegna. Suoi testi poetici e in prosa sono presenti in diversi volumi antologici, sono apparsi in riviste, siti e blog letterari e sono stati tradotti in spagnolo, serbo, romeno e turco. Tra le sue pubblicazioni: l’antologia fotopoetica Maternità marina (Terra d’ulivi 2020), di cui è curatrice e autrice delle foto; le raccolte poetiche Tempo di riserva (Giuliano Ladolfi Editore 2018), Genealogia imperfetta (La Vita Felice 2014), SoloMinuscolaScrittura (La vita Felice 2012), Di sole voci (LietoColle Editore 2010 ‒ II ediz. 2012); il saggio di storia contemporanea Italiane d’Argentina. Storia e memorie di un secolo d’emigrazione al femminile (1860-1960) (Ananke Edizioni 2013); il libro di racconti Del suo essere un corpo (Montedit Edizioni 2010). È vicedirettrice del lit-blog “Poesia del nostro tempo”, redattrice della testata online “NiedernGasse”, collabora con il blog di letteratura “Margutte”, con la rivista «Argo» e con il quotidiano «il manifesto». È tra le ideatrici di “Medicamenta – lingua di donna e altre scritture”, progetto di Poetry Therapy che propone una serie di letture, eventi e laboratori rivolti a donne italiane e straniere, lavorando in una prospettiva 76 psicopedagogica e di genere con le loro narrazioni e le loro storie di vita. Ha intervistato e tradotto alcuni autori argentini in Italia Argentina ida y vuelta: incontri poetici (edizioni Versante Ripido e La Recherche 2017).

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.

Informazione

Questa voce è stata pubblicata il 04/01/2023 da in letteratura italiana.