perìgeion

un atto di poesia

La nostra classe sepolta


Cronache poetiche dal mondo del lavoro
a cura di Valeria Raimondi, Pietre Vive editore

la nostra classe s

di Nino Iacovella

Un’antologia sul mondo del lavoro è per me sempre un pugno nello stomaco. Avevo letto due delle ultime e riuscite raccolte sull’argomento, No Job delle Edizioni Smasher e Il pane offeso edito per i tipi di Culturaglobale, e il risultato comune di entrambe è che il lettore si trova dinanzi alla cronistoria drammatica e disumana di una lotta sociale perduta dal fronte dei lavoratori. Warren Buffett tempo fa, nel pieno della sfrontatezza dell’appartenenza all’elite economico finanziaria globale, dichiarava: “C’è una lotta di classe, è vero, ma è la mia classe, la classe ricca, che sta facendo la guerra, e stiamo vincendo”.
È così che s’innesta il verso di Luigi Di Ruscio scelto per titolare questa antologia da parte della curatrice Valeria Raimondi: La nostra classe sepolta, come se il tempo avesse svolto il suo compito riducendo ai minimi termini il potere antagonista di un mondo, una cultura, una classe sociale che nel secolo scorso aveva ancora un peso nell’ambito del conflitto redistributivo tra capitale e lavoro. La precarietà, la deflazione salariale, il ricatto della delocalizzazione e la riduzione del ruolo pubblico dell’economia ha lasciato i lavoratori soli a condurre una lotta senza speranze. Qui entra in gioco la testimonianza diretta e indiretta dei poeti. Molti sono autori che conosco e apprezzo da sempre. L’antologia è di assoluto rilievo con testi riusciti e sempre significativi, anche quando la lingua si spoglia di qualsiasi effetto retorico e in modalità diaristica sembra raccontare lo strazio dei lavoratori di oggi. Diverse le voci liriche che sanno rimanere alte nella prammatica della fabbrica e della nuova fabbrica dematerializzata dei nuovi servizi della gig economy. Tante finestre dovrei aprire per i diversi autori che mi hanno davvero colpito per la bellezza amara delle loro poesie.
Tuttavia, per la mia storia personale e per quella di Perigeion, non posso non aprire una pagina di più ampio rilievo a quella che è stata l’ultima vetrina per le poesie di Christian Tito, tra gli ideatori di questo blog, poeta e uomo scomparso troppo presto e con il quale ho condiviso quasi tutti i progetti di scrittura e di vita degli ultimi anni. Entrambi eravamo così attenti agli sviluppi della precarietà e dell’annichilimento della classe lavoratrice: Christian dall’esperienza diretta e sofferta nel mondo delle farmacie comunali, successivamente privatizzate, e io dal punto di vista degli studi e degli approfondimenti relativi alle cause della crisi economica dovute agli squilibri del modello neoliberale e delle relative conseguenze sociali.
Ma è qui, dalla voce della poesia che si arriva a toccare con mano tutta la violenza sottaciuta nel rapporto di lavoro dei nostri tempi. E se La nostra classe sepolta allude al lutto per una scomparsa, dai morti sul lavoro o all’intera classe sociale completamente dimenticata dalle tematiche mainstream dei giorni nostri, ecco che la poesia torna in gioco, sferza, pur nella sua marginalità, con la sua verità per risvegliare le coscienze di chi si appresta a leggerla. Da segnalare il buon lavoro della giovane casa editrice Pietre Vive che riesce a pubblicare buoni libri dalla veste grafica particolarmente riuscita.

***

Tolleranza zero

Questa cosa va fatta in fretta
plateale e manifesta:
individuare i gangli di controllo
inserire i cambiatori,
bisogna creare malessere
distruggere fisicamente i centri di potere.
Se visto, il malessere ispira paura:
si colpiscono le persone opposte
e tutti capiscono dove bisogna andare;
il miracolo è compiuto:
vanno tutti lì.
È facile.

(Christian Tito)

*

La pioggia nel capannone

Ascolta
piove dalle nuvole sparse
piove sulle presse
oleose ed arse
piove sui torni
antichi e orizzontali
piove sui bancali
divini
sulle smerigliatrici fumanti
di inox e amianti
piove sui nostri volti
metalmeccani
piove sulle nostre mani
coi guanti
sui nostri vestimenti
pesanti
sui freschi porconi
che l’anima schiude
novella
sulla favola bella
che ieri t’illuse
che oggi m’illude
o Interinale.

(Luca Bassi Andreasi)

*

La risorsa umana si è spezzata in più punti
Era poco flessibile, dicono, poco resistente
o forse è stato per via di quella parte male inserita.
Una volta sostituita si ignora la sua destinazione.
Ridenti i mercati assistono come gerani al balcone

(Francesca Del Moro)

*

Mi porto a casa il rumore della fabbrica
come un reduce porta dentro sé il ricordo della guerra.
Nella doccia ritrovo
lo stridere del metallo
il battere del martello
e tra i capelli ho sparsi i trucioli di un cristo di ferro.
Il tempo ciclo è importante più dell’anima
la velocità è tutto
gli avanzamenti sono tutto
e il mio invecchiare è il niente
io sono solo un meccanismo sostituibile.
Mi porto a casa l’odore della fabbrica
come un cane che ritorna da un tuffo nella fogna
e sul limitare penso spesso
al tempo perso là dentro
alla poesia di Prévert nel mio armadietto
e al sole che brucia le spalle
mentre alla mia pelle ci ha già pensato il solvente.

(Matteo Rusconi)

*

Sei piani e cinquecentosessanta passi
tra me e questo armadietto di grigio metallo
dove il camice attende il mio corpo
per farsi anima e generare foglietti
in gestazione di parole, nate per fame e per sazietà.
Negli occhi degli uomini il pane delle stelle
mi è parso buio e raffermo, i versi di Char
puntellano questa giornata che mi sta davanti
tutta intera, tutta in luce. Ma ecco
ora è questo l’ombra, questo stare nell’affanno del fiato,
nella me stessa di cui si spartiscono le vesti
cose adiacenti al nulla.

(Lucianna Argentino)

*

Vietato sporgersi dal finestrino
a G.M.

Viste dalla ferrovia
le periferie sono tutte uguali
il retro dei palazzi popolari
i terrazzi regolari di un’architettura senza fantasia
con i fili del bucato, una tenda per il sole oppure
una parabola
quattro auto ferme ad un semaforo rosso
ma dall’altra parte non passa nessuno
e poi c’è sempre un orto minuscolo e irreale
perso in mezzo ai condomini
dove un pensionato prova a coltivare qualche cosa
mentre l’aria odora vagamente di benzene
ed il treno che corre via veloce
prima che ci si possa chiedere
se la vita è davvero tutta lì

(Francesco Tomada)

_____
[A.A.V.V., La nostra classe sepolta. Cronache poetiche dai mondi del lavoro, cur. V. Raimondi, Locorotondo: Pietre Vive Editore, 2019, pp. 125]
scheda del libro sul sito dell’editore

Lascia un commento

Questo sito utilizza Akismet per ridurre lo spam. Scopri come vengono elaborati i dati derivati dai commenti.