La linea di galleggiamento nella vita di un poeta è la poesia stessa. E la bassa o alta intensità emotiva generata dagli accadimenti reali, nel caso del poeta Luca Bresciani, è nel recinto di una scrittura che ridesta nuovi significati agli oggetti del quotidiano.
Leggo il libro e ne gusto l’originalità e la compattezza, la scelta delle immagini e l’attento ricorso all’analogia che Bresciani usa, sin dove è ancora possibile, quale ultimo baluardo di nesso logico tra le cose. D’altronde Bresciani, che ha nelle sue corde una poetica simbolista radicata nel contemporaneo, agisce nell’ineffabile insito nell’orma sensibile, archetipica, degli elementi del reale. Il suo compito poetico è tradurre, attraverso il codice binario del pieno materico e del vuoto del silenzio, ogni movimento sistolico e diastolico vitale. Un modo di scrivere intensamente sentimentale senza che la propria poesia ne mostri l’evidenza.
Qui la scrittura lavora sul piano inconscio, più profondo e arcaico: l’essenza pura del fare e del fruire poetico. Un qualcosa che precede la parola stessa e capta le rifrazioni emotive delle cose. Che tocchiamo. Che ci toccano.
Nino Iacovella
Le mani accecate dal sapone
non sanno chi andranno a salvare
se un coltello o una tazza
l’appetito o la pienezza.
Meglio una fitta nell’equilibrio
che la fermezza dell’abbandono
e si deforma lo scolapiatti
per accogliere tutti.
*
Il corpo si costituisce
otto ore a notte
e la pena si sconta su un fianco
diventando la metà di un uomo.
È trapianto la parte mancante
in chi è spezzato dalle onde
e ha per linea di galleggiamento
la cicatrice di uno scudiscio.
*
Sollevare le tapparelle
cercando una notizia per risorgere
oltre quel vetro così sottile
che diventa una nuova cute.
Indosso la memoria della pioggia
nella prima volta con la terra:
la paura nella forma pregiata
di non sapere come si ama.
*
Le braccia si perdono
e i gesti rimangono.
Un inverno inverso
dove i rami si scollano
e le foglie continuano ad avanzare
in una mischia di primavere.
La meta è essere
prima di diventare
lanciando i frutti
senza essere fecondi.
*
La panchina gigante
nell’ultimo verde a Careggine
e seduto senza piegare le ginocchia
svelo le suole alla montagna.
Tutte le vite calpestate
dal peso di un’omissione
si dimettono dal precipizio
e si stringono al mio corpo.
L’infinito esige radunanza
per non svanire nel nulla
e qui non bastano due pupille
a reggere i boschi e le stelle.
*
Tutte le frasi dette
si radunano alla morte
ed è la classifica dei verbi
a destinare i nostri corpi.
Chi ha soccorso verrà sostenuto
e chi ha aggredito verrà assaltato:
nella lacrima che sigilla la vista
lavorano un ponteggio e una ruspa.
*
È un faro l’ultimo passo
sul pontile a Viareggio
e la pietra a difesa della pancia
è radice finale della terra.
Il mare accade ovunque
e tutto si restringe:
Pangea tornano i continenti
e la libertà non ha indirizzo
Lietocolle, Faloppio (Co), Gennaio 2020,